Scuola, il fumoso pacchetto Giannini e la leggenda delle supplenze da abolire
Si avvicina l’inizio di un nuovo anno scolastico e, come è di rito, i media e il ministero all’Istruzione si preparano a sfornare commenti e battute, di colore e di contenuto, sulla scuola. E questo dopo che a mezza estate un sottosegretario aveva buttato lì la proposta di aumentare le ore di lezione dei docenti senza toccare un contratto bloccato da quasi un decennio, proposta poi semiritirata.
Le novità della nuova stagione scuola autunno-inverno 2014–2015, almeno a parole, ricordano molto quelle degli ultimi anni a questa parte.
Si parla di merito come toccasana per tutto e tutti, come sempre senza spiegare cosa è e chi lo valuta. Di scuole più autonome: ancora di più Private? Di nuovi programmi scolastici: ecco, questa non manca mai. E poi, novità, di superamento del precariato con una strada veloce per l’eliminazione delle supplenze. Domanda: quale? L’abolizione?
Ecco confezionato il famoso e fumoso pacchetto-scuola 2014–2015, già rinviato a data da destinarsi. Una litania ormai stantia. Il ministro Stefania Giannini decide il look per le dichiarazioni di inizio anno scolastico. «Bisogna superare definitivamente il sistema delle supplenze», ha dichiarato. «I supplenti non saranno eliminati fisicamente», ha ironizzato. Come? «Lo vedrete nelle prossime settimane», ha aggiunto il ministro.
Interessante, questa faccenda delle supplenze. Anche perché da ormai un lustro i nostri alunni e i nostri studenti, quando manca una docente, per malattia, sono smembrati in varie aule e classi. Senza che le loro famiglie ne siano pienamente consapevoli. E questo, naturalmente, avviene solo per risparmiare. Insomma, gli studenti, in caso di docente malata, vengono solo «tenuti a bada». E la lezione, spesso e volentieri, salta. Anche perché quando ti trovi in un’aula con 35 o 40 bambini invece di 24, l’unica cosa che può fare un docente è sperare che non si facciano male: perché la colpa è sua.
Sbagliato, c’è un’altra cosa che deve fare: sperare che non venga un terremoto o ci sia un incendio, perché in questo caso, anche se non è certo il docente a voler sopprimere le supplenze, se non i suplenti, la colpa di eventuali danni agli studenti è a scapito dell’adulto più vicino a loro, cioè del docente. Anche se magari tanti docenti questo piccolo particolare non lo sanno.
Lo Stato non mette a norma le aule, lo Stato non paga le supplenze e i supplenti, lo Stato ammassa decine di bambini in uno spazio non consono e senza che siano mantenute le minime norme di sicurezza in caso di emergenza (e non solo), ma l’eventuale colpa è del docente. Bisogna ricordare al ministro Giannini, quando fa ironia sulla scuola e sulle supplenze, che i docenti italiani non hanno alcuna voglia di ridere e di fare ironia. Bisogna che il ministro si metta in testa che, se è vero, come dice, che non si vogliono «sopprimere» i supplenti, da anni, però, sono già state soppresse le supplenze. E questo, per risparmiare.
Bisogna che il ministro sappia, e con lei tutto il governo Renzi, che sulla scuola le tre carte sono state mescolate da almeno vent’anni e, quello che ogni annuncio riguardo alla scuola ha prodotto fino ad ora, è solo il progressivo e raccapricciante taglio ai fondi e al personale. Al punto che si sta sfiorando l’ingestibilità di tutta la complessa macchina della scuola pubblica.
Occorre che Renzi e il suo ministro all’Istruzione e il suo governo si aspettino solo la «rottamazione» non solo di una parte dei politici, ma anche di tutte le politiche scolastiche messe in atto in questi ultimi decenni dai governi di centrodestra e centrosinistra in perfetta e sospetta continuità.
I docenti italiani non vogliono più parole nuove. Basta. Sono stanchi di essere presi in giro. Chiedono più soldi e più personale per la scuola pubblica. Chiedono un salario in linea con quello dei docenti europei. Chiedono scuole a norma. Chiedono a Renzi di non rimangiarsi i paroloni che aveva speso sulla scuola, poco prima e poco dopo il suo insediamento a primo ministro.
Tutto il resto sono chiacchiere e distintivi da inizio anno scolastico.
(Giuseppe Caliceti, il manifesto, 30 agosto 2014)
Si avvicina l’inizio di un nuovo anno scolastico e, come è di rito, i media e il ministero all’Istruzione si preparano a sfornare commenti e battute, di colore e di contenuto, sulla scuola. E questo dopo che a mezza estate un sottosegretario aveva buttato lì la proposta di aumentare le ore di lezione dei docenti senza toccare un contratto bloccato da quasi un decennio, proposta poi semiritirata.
Le novità della nuova stagione scuola autunno-inverno 2014–2015, almeno a parole, ricordano molto quelle degli ultimi anni a questa parte.
Si parla di merito come toccasana per tutto e tutti, come sempre senza spiegare cosa è e chi lo valuta. Di scuole più autonome: ancora di più Private? Di nuovi programmi scolastici: ecco, questa non manca mai. E poi, novità, di superamento del precariato con una strada veloce per l’eliminazione delle supplenze. Domanda: quale? L’abolizione?
Ecco confezionato il famoso e fumoso pacchetto-scuola 2014–2015, già rinviato a data da destinarsi. Una litania ormai stantia. Il ministro Stefania Giannini decide il look per le dichiarazioni di inizio anno scolastico. «Bisogna superare definitivamente il sistema delle supplenze», ha dichiarato. «I supplenti non saranno eliminati fisicamente», ha ironizzato. Come? «Lo vedrete nelle prossime settimane», ha aggiunto il ministro.
Interessante, questa faccenda delle supplenze. Anche perché da ormai un lustro i nostri alunni e i nostri studenti, quando manca una docente, per malattia, sono smembrati in varie aule e classi. Senza che le loro famiglie ne siano pienamente consapevoli. E questo, naturalmente, avviene solo per risparmiare. Insomma, gli studenti, in caso di docente malata, vengono solo «tenuti a bada». E la lezione, spesso e volentieri, salta. Anche perché quando ti trovi in un’aula con 35 o 40 bambini invece di 24, l’unica cosa che può fare un docente è sperare che non si facciano male: perché la colpa è sua.
Sbagliato, c’è un’altra cosa che deve fare: sperare che non venga un terremoto o ci sia un incendio, perché in questo caso, anche se non è certo il docente a voler sopprimere le supplenze, se non i suplenti, la colpa di eventuali danni agli studenti è a scapito dell’adulto più vicino a loro, cioè del docente. Anche se magari tanti docenti questo piccolo particolare non lo sanno.
Lo Stato non mette a norma le aule, lo Stato non paga le supplenze e i supplenti, lo Stato ammassa decine di bambini in uno spazio non consono e senza che siano mantenute le minime norme di sicurezza in caso di emergenza (e non solo), ma l’eventuale colpa è del docente. Bisogna ricordare al ministro Giannini, quando fa ironia sulla scuola e sulle supplenze, che i docenti italiani non hanno alcuna voglia di ridere e di fare ironia. Bisogna che il ministro si metta in testa che, se è vero, come dice, che non si vogliono «sopprimere» i supplenti, da anni, però, sono già state soppresse le supplenze. E questo, per risparmiare.
Bisogna che il ministro sappia, e con lei tutto il governo Renzi, che sulla scuola le tre carte sono state mescolate da almeno vent’anni e, quello che ogni annuncio riguardo alla scuola ha prodotto fino ad ora, è solo il progressivo e raccapricciante taglio ai fondi e al personale. Al punto che si sta sfiorando l’ingestibilità di tutta la complessa macchina della scuola pubblica.
Occorre che Renzi e il suo ministro all’Istruzione e il suo governo si aspettino solo la «rottamazione» non solo di una parte dei politici, ma anche di tutte le politiche scolastiche messe in atto in questi ultimi decenni dai governi di centrodestra e centrosinistra in perfetta e sospetta continuità.
I docenti italiani non vogliono più parole nuove. Basta. Sono stanchi di essere presi in giro. Chiedono più soldi e più personale per la scuola pubblica. Chiedono un salario in linea con quello dei docenti europei. Chiedono scuole a norma. Chiedono a Renzi di non rimangiarsi i paroloni che aveva speso sulla scuola, poco prima e poco dopo il suo insediamento a primo ministro.
Tutto il resto sono chiacchiere e distintivi da inizio anno scolastico.
(Giuseppe Caliceti, il manifesto, 30 agosto 2014)
Nessun commento:
Posta un commento