13 mag 2014

invalsi, chi li conosce li evita

Riec­coli! Chi? I test Invalsi. Cosa sono? A cosa ser­vono? Nella scuola pri­ma­ria si sono svolti il 6 e 7 mag­gio. Ma pochi sono i geni­tori di stu­denti e alunni che li cono­scono, che sanno di cosa si tratta. Anche se abi­tano insieme ai loro figli, nella stessa scuola dei pro­pri figli, da più di dieci anni.
Chi invece li cono­sce bene sono le case edi­trici sco­la­sti­che che di fronte a ogni novità o pseudo novità, anche se nociva per i ragazzi, cer­cano soprat­tutto il busi­ness. I docenti della scuola Iqbal Masih di Roma e il blog geni​to​reat​tivo​.word​press​.com stanno pro­vando a far cono­scere di più ai geni­tori dei loro stu­denti la natura e il fun­zio­na­mento di que­sti test. Con una con­vin­zione: se li cono­sci, li eviti. Di più: se li cono­sci, li com­batti. Per­ché fanno male alla scuola e ai ragazzi.

La cosa aber­rante? La tipo­lo­gia tutta a quiz delle prove. La loro assur­dità ed estra­neità a qual­siasi per­corso di cono­scenza. E le moda­lità della «som­mi­ni­stra­zione» ai ragazzi: può esi­stere, all’interno dell’istituzione sco­la­stica, parola peg­giore di que­sta: som­mi­ni­stra­zione? Si prenda per esem­pio un dato: il tempo con­cesso agli stu­denti per lo svol­ge­ri­mento, leg­gere i testi e met­tere le cro­cette, per­ché di poco di più si tratta.
Come sanno tutti i bam­bini che hanno svolto le prove, come sanno gli inse­gnanti che le hanno «som­mi­ni­strate», il tempo per scri­vere tutte le rispo­ste nelle prove di ita­liano è di 45 minuti. Un lavoro deci­sa­mente al di sopra delle pos­si­bi­lità della media di un bam­bino che sta finendo la seconda ele­men­tare. E’ evi­dente che le prove nel loro insieme non sono solo l’esito di una pur col­pe­vole improv­vi­sa­zione, o di sciat­te­ria, ma una mani­fe­sta­zione di scarsa cono­scenza dei pro­cessi di appren­di­mento o di voluta dimen­ti­canza di ciò che ne costi­tui­sce l’aspetto com­plesso, dif­fi­cil­mente valutabile.

Le com­pe­tenze non sono una sequenza di fatti misu­ra­bili, ma pro­cessi che, come dimo­strano gli attuali ripen­sa­menti degli esperti di oltreo­ceano sul testing, abbi­so­gnano ancora di molta ricerca sul campo per essere ana­liz­zati e valu­tati. Ricerca che dovrebbe tor­nare nell’alveo del lavoro uni­ver­si­ta­rio e che, sicu­ra­mente, l’Invalsi non sta svol­gendo.
I geni­tori degli stu­denti difen­de­ranno i loro figli da chi sta facendo loro del male? La rispo­sta è tri­ste­mente nota: no. Per­ché sono impe­gnati e distratti in cose che sem­brano oggi molto più impor­tanti dell’attenzione alla salute men­tale dei pro­pri figli e del loro benes­sere sco­la­stico. Per­ché dalla scuola-azienda sono stati ridotti al ruolo di sem­plici clienti-consumatori. Per­ché quasi sem­pre i geni­tori dei minori sono peg­gio dei loro geni­tori. Per­ché i docenti e la scuola pub­blica ita­liana, da tempo, si è persa i geni­tori dei pro­pri stu­denti. E senza il recu­pero di un patto forte con loro i docenti ita­liani, spol­pati in que­sti anni dei loro diritti e delle loro libertà ed edu­cati a una dif­fi­denza pro­gram­ma­tica nei con­fronti della pro­pria “utenza”, non hanno alcuna spe­ranza di miglio­rare la situazione.

(Giuseppe Caliceti, il manifesto, 12 maggio 2014)

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