Riccardo ha 14 anni e tra pochi giorni inizierà l’esame di terza media, come è normale per i suoi coetanei.
Lui è giustamente emozionato. Il traguardo vale almeno il doppio: in
questi otto anni di scuola a Milano, quando le lezioni finivano,
Riccardo andava a vedere se la sua baracca era stata abbattuta. Un anno,
addirittura, accadde 19 volte in 11 mesi. È un rom romeno, uno zingaro si dice dispregiativamente.
Eppure la scuola è stato un luogo di riscatto: i compagni e
insegnanti hanno cambiato gli occhi con cui guardare “i rom”. Non sempre
è stato tutto facile: «Tra le colleghe – ricorda una maestra di
Riccardo – la prima battuta fu “attenzione ai portafogli”. Poi i bambini
vennero invitati alle feste di compleanno: i muri iniziavano a cadere». Decisivo è stato l’aiuto della Comunità di Sant’Egidio. «Sono la parte italiana della nostra famiglia», dice la mamma.
Con lui, l’anno prossimo, saranno ventidue i ragazzi e le ragazze rom a
frequentare le superiori milanesi (e 150 dai nidi alle medie).
D’estate molti saranno animatori negli oratori estivi e
volontari nelle attività della Comunità con i bambini, gli anziani e i
profughi: Rom volontari, al di là di ogni pregiudizio. A
Milano, Roma e Napoli, il programma “Diritto alla Scuola, Diritto a
Futuro” di Sant’Egidio sostiene con borse di studio la scolarizzazione
dei minori rom. In Italia sono un “popolo di bambini”: il 45-50% ha meno
di 16 anni, la vita media di un milanese è di oltre 80 anni, per un rom
è meno di 50. Occorrerebbe investire sulla scuola, perchè l’istruzione
per i bambini rom, come per tutti i minori, è un diritto non
negoziabile.
di Stefano Pasta
Corriere della sera, Corriere Sociale, 14 giugno 2017
Fonti:
www.ilpaesedellaera.it
www.santegidio.org
Nessun commento:
Posta un commento