10 feb 2015

cos’è la legge popolare lip e perché è l’unico antidoto alla privatizzazione della «buona scuola» (di anna angelucci)

Presa Diretta, a Renzi non basta un tweet per coprire il disastro scuola

La realtà e la propaganda. Cos’è la legge popolare Lip e perché è l’unico antidoto alla privatizzazione della «Buona Scuola»


Quando si dice l’eterogenesi dei mezzi. Questa volta i social media non hanno cinguettato le magnifiche sorti e progressive della scuola italiana millantata da Renzi & Co. Il programma intitolato “La nostra scuola”, a Presa Diretta domenica sera [8 febbraio 2015], ha mostrato le drammatiche condizioni in cui versano studenti e docenti, costretti a sopravvivere senza fondi in edifici insalubri e pericolosi. E ha mostrato le immagini degli insegnanti con centinaia di mozioni contro la proposta di riforma del Governo, trattenuti dalle forze di polizia sulla scalinata del MIUR.
Altro che le parate d’occasione di Renzi e Giannini ad uso e consumo di una stampa asservita. Altro che le campagne d’ascolto dal basso per una riforma condivisa fino all’ultimo nonno.
Per molto meno, in un paese civile, un ministro avrebbe rassegnato le sue dimissioni. Un ministro che, peraltro, appena insediato al MIUR, non ha esitato ad assumere il ruolo di capolista del suo ex partito per le elezioni europee, mostrando totale indifferenza per il ruolo appena assunto in Italia.
Dove la scuola è quella che ci hanno raccontato Iacona e la sua troupe, non quella che ci racconta il premier.
Abbiamo visto immagini di un paese del terzo mondo, accompagnate dalle parole chiare e senza retorica di chi in quei luoghi ci vive ogni giorno ed ha avuto finalmente la possibilità di dire il vero. Che le scuole tirano avanti con i contributi privati delle famiglie a fronte dell’elemosina del Governo, che vagheggia investimenti prossimi venturi mentre ha ancora tagliato milioni di euro nell’ultima legge di stabilità, costringendoci a contrattazioni d’istituto da fame in cui tiriamo quattro paghe per il lesso. Che le assunzioni dei docenti precari sono un atto dovuto, imposto dalle normative europee e già previsto nella Finanziaria del 2007, e che i supplenti non sono solo quelli delle graduatorie ad esaurimento a cui Renzi ha promesso l’immissione in ruolo, ma le tante altre migliaia su cui si continua a lucrare, imponendo loro la frequenza di costosi corsi di formazione per avere incarichi e per abilitarsi ma escludendoli da qualunque forma di stabilizzazione. Che i tagli agli organici imposti da Tremonti sono stati dichiarati illegittimi e che le regioni del centrosinistra e i ministri dell’istruzione che si sono succeduti a Gelmini avrebbero potuto sostenere i ricorsi e chiedere l’esecuzione delle sentenze del Tar e del Consiglio di Stato e non l’hanno fatto. Dimostrando, in concreto, che l’invocazione alla scuola fatta dal PD come priorità politica e civile di questo Paese era solo uno specchietto da campagna elettorale per le allodole chiamate a votare.
Abbiamo visto che già esiste ed è depositata in Parlamento una legge di iniziativa popolare che disegna il modello della buona scuola della Costituzione e che rigetta quello renziano della privatizzazione coatta. Ed è una legge che prevede l’innalzamento dell’obbligo, il biennio unitario, la riduzione del numero degli studenti nelle classi: ciò che davvero restituirebbe loro quella dignità e quella responsabilità sottratte ogni giorno dal degrado in cui vivono e che li renderebbe cittadini istruiti e consapevoli. Abbiamo visto che il faidate imposto a madri e padri che comprano, puliscono, aggiustano, imbiancano è più disperato che virtuoso. E che è umiliante accettare che i fondi per le scuole siano direttamente proporzionali ai soldi che si spendono nel supermercato di zona convenzionato col MIUR, perché significa scoprire che anche la scuola dei nostri figli è considerata una merce.
Mentre scorrevano queste immagini, nella redazione di Presa Diretta sono arrivati tantissimi messaggi di solidarietà alla legge di iniziativa popolare, insieme ai commenti piccati e saltabeccanti dei parlamentari del PD e dei responsabili del MIUR, tutti tesi a negare, confutare, invocare quell’onesto contraddittorio che loro stessi, con l’assunzione dello slogan e della slide come unico format di un discorso politico ormai virtuale e irreale, hanno deliberatamente gettato alle ortiche.
Ma il re, finalmente, è nudo. E questa volta ci vorrà molto più di qualche immagine colorata o di qualche cinguettio twittato e ritwittato a convincere gli italiani che quella di Renzi e Giannini sia veramente la buona scuola di cui questo Paese ha bisogno per ricominciare a sentirsi civile.
Vogliamo cominciare con un nuovo ministro?
(Anna Angelucci, il manifesto, 10 febbraio 2015)

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