21 mag 2015

il silenzio dell'intelligenza sulla proposta di riforma della scuola del governo

Dopo l'intervento di Nadia Urbinati del 6 maggio scorso su La Repubblica, contrario alla Buona Scuola renziana nel suo nucleo centrale - scuola azienda che realizzerà compiutamente la privatizzazione della scuola pubblica - mi aspettavo, se non un profluvio, almeno qualche altra presa di posizione dei nostri intellettuali. Invece niente. Hanno disertato. Storia italiana antica: anche questa volta spicca dunque il silenzio dei chierici. Alla fine della fiera insegnanti, studenti e sindacati, tranne qualche lodevole mosca bianca, nel dibattito pubblico sulla riforma della scuola sono stati lasciati soli.
Dove sono i filosofi, i letterati, gli scrittori, gli storici, i sociologhi, gli scienziati? Che cosa pensano i nostri illustri accademici, seduti sulle loro cattedre? Un silenzio assordante ha
circondato questa riforma, il che significa che il mondo della cultura italiano - tanto la cultura scientifica, come quella "umanista" (Renzi docet) - non ha nulla da dire su questo tema, centrale per il paese. Mi aspettavo che qualche brillante linguista analizzasse, che so, quante volte ricorrono le parole "cultura" o "alfabetizzazione" nel disegno di
legge e in quale accezione compaiano. O che qualche sociologo ci illustrasse in che senso Renzi, occupandosi "soltanto" di organizzazione della scuola ne uccida il nucleo profondo, quello della Costituzione: promuovere il pieno sviluppo della persona umana, lo sviluppo della cultura e la ricerca, rimuovere gli ostacoli, sostenere il diritto allo studio. Studio, studio... si chiama studio quello che si dovrebbe fare a scuola.
Gli intellettuali ne dovrebbero sapere qualcosa... Si sono chiesti se la Buona Scuola lo ha a cuore? Hanno speso qualche ora del loro tempo per capire quali sono le vere priorità di questa riforma e quale lo scopo di quel linguaggio da marketing così caro al premier? Si sono chiesti quale posto occupi nel DdL l'alfabetizzazione di base degli studenti? Quale spazio ci sarà nella nuova scuola disegnata dal trio Renzi-Faraone-Giannini per costruire alfabeti forti: linguistico-matematico innanzitutto, proprio gli alfabeti dove i nostri
ragazzi sono quasi sempre messi malissimo? Mi chiedo davvero come mai siano così mancate le analisi serie di questo testo renziano, come mai nessuno abbia tentato un confronto tematico e di stile fra la Buona Scuola del trio di governo e la LIP (Legge di iniziativa popolare) promossa dall'interno del mondo della scuola e caduta nel più totale
oblio. Ma dove è finita la semiotica in questo paese?
Da tempo, si sa, la ricerca ha reciso ogni legame con la scuola, anche in sede istituzionale. Chi si ricorda più della libera docenza? La scuola ha stufato, troppo incasinata, si capisce poco. E poi l'esperienza autobiografica qui la fa da padrona: ognuno è stato a scuola e ognuno ha figli e nipoti che ci vanno. C'è sempre qualche maestro inadeguato da punire o qualche professore troppo severo che ha ferito il narcisismo familiare da ricordare con rabbia. E così assistiamo impotenti e muti alla campagna mediatica di Renzi. L'ultimo
spettacolino, dismesse le slide, è il video davanti alla lavagna, tipo maestro Manzi. Seguono articolesse di colore su stampa e TV, che trasudano ampia ammirazione per le capacità comunicative del premier. Ma sul merito pochi si sono avventurati davvero e sempre con grande timidezza. I conti delle riforme della scuola arrivano dopo decenni, quando
maturano le generazioni. Molti di noi non ci saranno più, ma porteremo tuttavia la responsabilità di questa devastazione ignorante.
Marta Baiardi
L'autrice è insegnante di scuola secondaria

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