16 nov 2012

perché ho scelto la scuola pubblica (a margine della questione imi-faes)

L'opinione di Guido Maffioli “Perché ho scelta la scuola pubblica” pubblicata da Z3XMilano.
La lettera fa seguito alla questione IMI-FAES  che ha stimolato alcune riflessioni di carattere generale sulla scelta di scuola pubblica o privata.
rassegna stampa:
- da Z3XMilano del 30 ott 2012 [leggi]
- dal Corriere della Sera dell’11 nov 2012 [leggi]
note:  
- le scuole FAES (famiglia e scuola) sono scuole paritarie non statali (non aderiscono alle associazioni di scuole cattoliche) omogenee (solo maschili/femminili) di ispirazione cristiana il cui modello si ispira alle intuizioni educative di Josemaría Escrivá, fondatore dell’Opus Dei
- l'IMI, Istituto Maria Immacolata, è una scuola cattolica paritaria, in via Amadeo, che chiude e cede l'attività alla FAES che ne crea un istituto solo femminile
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Sono papà di tre figli in età scolare, i miei figli frequentano le scuole pubbliche in zona 3 e io penso sia la scelta più valida: quanto successo all'IMI, ed il dibattito che ne è conseguito, me lo conferma ulteriormente. E non perché la scuola pubblica sia tutta rose e fiori, ma è un tipo di scuola in cui mi aspetto di trovare e ho diritto di chiedere tre cose fondamentali, che la scuola privata non potrà mai dare compiutamente ai miei figli e che ritengo irrinunciabili: un ambiente relazionale plurale e inclusivo,  una didattica responsabile e dinamica, una gestione indipendente e trasparente.
1) In una classe di Scuola Pubblica non c'è selezione di reddito, culto, sesso, lingua e stato fisico. Significa che i miei figli esercitano la loro capacità di relazione con tutti, femmine e maschi, ricchi e poveri, figli di italiani e figli di migranti, cristiani, agnostici, musulmani, figli di coniugati, separati, figli senza genitori, .... E' una grande risorsa di conoscenza e di apertura di mente e di cuore. E' alla base di un'educazione alla cittadinanza in una realtà urbana complessa come Milano.
Solo la rigidità dei bacini d'utenza (per intenderci, scuole "di centro" / scuola "di periferia") può impoverire questa realtà plurale (e questo andrebbe - a mio avviso - gestito da amministratori e urbanisti, per evitarlo o limitarlo.) La classe è una situazione sociale dove si creano occasioni infinite di vivere in prima persona i principi della solidarietà in tutti gli aspetti, anche nei momenti difficili. Per i miei figli è un insegnamento insostituibile, che trovo valido anche come credente, ben più di molti catechismi.
Richiede adattamento da parte di maestre e professoresse (non me ne vogliano i colleghi maschi ma vista la loro presenza minoritaria uso il femminile anche per loro...per una volta!). Devono adattare il passo della classe a chi è meno dotato sulle intelligenze più tipicamente scolastiche. Ma è uno svantaggio didattico, spesso temporaneo, che è ampiamente superato dall'arricchimento di relazioni e di stimoli vissuto con i propri coetanei. E, nella mia esperienza, almeno nella scuola primaria, realizza un ambiente sereno.

2) I docenti non sono vincolati ad un metodo predeterminato. Questo non significa che lavorino a caso né che non trasmettano i valori etici. Anzi. Significa però che hanno il diritto e il dovere di assumersi la piena responsabilità delle loro scelte didattiche, non sono sotto l'influenza di chi li paga. E possono quindi adattarsi alla realtà dei bambini e dei ragazzi e mettere in campo le loro competenze o correggere le loro carenze. Possono evolvere: se un sistema non è efficace lo possono cambiare, possono usare lo spirito critico e interagire con i colleghi e con le famiglie. E possono valutare l'apprendimento e la crescita degli alunni in modo indipendente, perché le famiglie non sono i "committenti" della loro opera. Bocciature o promozioni non dipendono dalla gestione delle risorse economiche della scuola.
3) La gestione economica della scuola è indipendente da gruppi o poteri. E' povera e impoverita dalle scelte irresponsabili di tagli che da decenni si susseguono. Ma, almeno in linea teorica, è trasparente perché gestita collegialmente in organismi di rappresentanza democratica, e nessuna componente ha ruolo per decidere il destino dei corsi o di intere classi sulla base di scelte unilaterali o su valutazioni di convenienza economica.

Il fatto che, nel caso del passaggio IMI/FAES, la permanenza o meno degli studenti sia oggetto di contrattazione mi suona davvero aberrante. 
Questa riflessione mi fa anche essere fortemente contrario all'ingresso di interessi privati nelle scuole pubbliche. La didattica della scuola pubblica deve potersi mantenere indipendente da qualsiasi interesse economico.
Questi tre valori cruciali della Scuola Pubblica, pluralità-responsabilità-indipendenza, forse non interessano ai genitori che hanno scelto IMI o FAES, ma - confido - sarà quello che troveranno i loro figli se dovranno trasferirsi nelle scuole pubbliche di zona.
Guido Maffioli

1 commento:

Anonimo ha detto...

Buongiorno,

Escludendo quello che ciascuno può liberamente pensare nel confronto scuola pubblica e scuola privata (e detto sinceramente, dopo questa vicenda anche io sto molto riflettendo sulle mie convinzioni in merito) vorrei però confermare che in questa vicenda, certamente aberrante, il problema non è la contrattazione sulla permanenza o meno degli studenti.

Il problema, dal mio punto di vista, è che una scuola, l'IMI, storicamente scuola di quartiere e frequentata da studenti di diverse classi sociali, non certo scuola d'elite e notoriamente aperta e non selettiva anche se certamente di orientamento cattolico, ha deciso (senza avvisare i "passeggeri") di passare la mano ad un nuovo gestore che, invece, pratica criteri di selezione sia in ingresso che nelle attività didattiche, in particolare con la separazione per genere.

Per banalizzare è come se il proprietario di due palazzi composto da appartamenti in affitto vendesse ad un nuovo proprietario che pretendesse di dividere le famiglie: maschi in un palazzo, femmine in un altro.

Credo che ai genitori IMI pluralità, responsabilità e indipendenza interessino eccome: su tutti e tre abbiamo preso una botta in testa inaspettata.

Quello che più mi ha colpito è che in questo caso l'equazione (perdonatemi il luogo comune) "pago quindi pretendo" ha trovato la sua peggiore controprova: chi inizia un ciclo di studi nella scuola privata, a quanto pare, non ha diritti per l'intero ciclo, ma solo per l'anno in corso.

Ce n'è abbastanza da pensare che, in cambio dei finanziamenti (pochi o tanti che siano) che le paritarie ricevono dallo stato e delle rette che i genitori (che ci si creda o meno, alcuni con grandi sforzi) pagano, ci sarebbe da imporre qualche regola in più.

Se una clinica privata avesse cambiato gestore, e deciso di chiudere alcuni reparti mandando a casa i malati, ci si sarebbe scandalizzati molto di più.... ma a parte zona 3, la vicenda IMI-FAES di rumore ne ha fatto troppo poco.

Detto questo, fa molto male pensare che si sia (egoisticamente, lo riconosco!) fuggiti dagli innegabili problemi della scuola pubblica comperando (con fatica) la (costosa) sicurezza della scuola privata, per scoprire che, almeno in uno sfortunato caso, si è tutelati ancor meno.

Andrea