26 apr 2012

la lettera della mamma di un bambino di otto anni dell'IC Don Orione e la risposta della Preside

Riportiamo la lettera di una mamma di un bambino di otto anni della scuola elementare Don Orione di Milano. Suo figlio, racconta, è vittima dei compagni solo perché educato. La lettera,  pubblicata sul blog dei giornalisti del quotidiano La Stampa lo scorso 19 Aprile [clicca qui] da Flavia Amabile, è accompagnata dalla risposta della Dirigente dell'IC Don Orione e da una lettera inviata al blog il 24 Aprile dai genitori della classe del bambino. L'articolo di Massimo Granellini pubblicata da La Stampa il 20 aprile: [leggi].

Mio figlio ha 9 anni, è in quarta elementare.
Mio figlio è un bambino divertente: è un po’ basso per la sua età, e parla usando parole da adulto, perchè lo affascinano, ne chiede il significato e poi le usa a proposito. È sempre stato così. Non è un genio, nè un santo, e non è nemmeno detto che sia simpatico, ma è educato, e intelligente.
Mio figlio ha passato anni felici alla scuola materna, dove la sua peculiarità è stata capita e indirizzata, e lui è diventato parte della classe, dove poteva imparare dagli altri bambini cose che non sapeva, e condividere con gli altri ciò che sapeva lui.
Poi sono arrivate le elementari, e il suo piccolo incubo quotidiano. È arrivata la sua identificazione come un bambino “diverso”, perché usa il congiuntivo, non fa a botte, ha spesso delle cose da dire sugli argomenti trattati in classe. Da “diverso” a “bersaglio” il passo è breve: mio figlio vive da quattro anni giorni in cui la violenza (quella verbale più di quella fisica) fa parte delle sue giornate.
Ho parlato con le madri dei bambini interessati e la risposta è stata – in sintesi – “sono bambini”.
Ho parlato con le insegnanti e la risposta è stata – in sintesi – “sì, ma non se la può prendere per tutto, e se noi non cogliamo gli altri bambini sul fatto, non possiamo farci niente”.
Ho parlato con la preside e la risposta è stata – in sintesi – che avrebbe provveduto.
In sintesi, sono passati 4 anni, e anche oggi mio figlio è uscito da scuola impotente, dopo una giornata in cui il passatempo della classe è stato scrivere improperi legati al suo nome alla lavagna.
Lo so cosa viene immediato dire: sono ragazzate. A pensarci bene, sono le stesse ragazzate che subisce chi viene mobbizzato in ufficio.
Sarà perchè è mio figlio, ma a me queste ragazzate non fanno ridere. Non mi fa ridere che gli adulti che – insieme a me – sono preposti ad educarlo, questo bambino, gli stiano trasmettendo il messaggio che ha ragione chi è più forte.
Non mi fa per niente ridere che io abbia insegnato a mio figlio che non deve farsi giustizia da solo, perchè c’è un’autorità preposta su cui può fare affidamento: mamma, papà, insegnante. E meno che mai mi fa ridere che abbia scoperto da solo che se fin dall’inizio avesse reagito alla violenza con la violenza, forse ora non sarebbe un bersaglio.
Mi chiedo come sia possibile non vedere, non sentire. Perchè io lo vedo, come fuori dalla scuola questi bulletti in erba lo apostrofano. Più di una persona mi ha riferito di aver notato questi atteggiamenti nei suoi confronti.
È bizzarro che solo nelle mura scolastiche tutto ciò passi inosservato. Come se su 20 bambini su cui dividere l’attenzione uno sia sempre fuori fuoco, e quello sia sempre lo stesso. Come se il concetto di “vince il più forte” fosse nel programma di studi.
Io e mio figlio spesso studiamo insieme, e cerchiamo cose nuove da imparare: mi piace spiegargli perché sulle montagne si possono fossili di conchiglie, o perché la balena non è un pesce.
Perché a scuola deve subire e basta, io – questo – a mio figlio, non lo so spiegare.

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La risposta della Preside dell'IC Don Orione
 
Mercoledì,al rientro dalle vacanze pasquali, ho incontrato i genitori di T., che mi hanno riferito dell’episodio avvenuto il 28.03.2012: alcuni compagni di classe hanno deriso il bambino, con frasi offensive scritte alla lavagna. La mamma di T. ha riferito la sua preoccupazione per questo atteggiamento di scherno che spesso viene assunto nei confronti del proprio figlio, senza che gli adulti presenti intervengano tempestivamente.
Ho ascoltato attentamente le rimostranze della famiglia, assicurando che avrei chiesto chiarimenti alle insegnanti della classe, cercandodi trovare con loro soluzione alla cosa.
Nella stessa mattinata ho avuto modo di conferire con la maestra presente al fatto su menzionato e l’insegnante mi ha dato la sua versione dei fatti: alcuni bambini, durante la lezione pomeridiana, si erano avvicinati alla lavagna, iniziando a pasticciarla. Accortasi dell’accaduto ha subito fatto cancellare la lavagna, invitando gli alunni a continuare i lavoretti pasquali che stavano ultimando. Durante il resto del pomeriggio T. è stato sereno e ha salutato contento l’insegnante all’uscita di scuola.
A proposito del comportamento dei compagni  verso T. , la maestra mi ha riferito che, non appena accadono episodi di questo tipo, nei confronti di qualsiasi alunno della classe, l’intervento delle insegnanti è immediato nel richiamare gli autori del fatto. Fa parte infatti dell’operato delle docenti educare i bambini al rispetto reciproco e alla tolleranza nel rapportarsi quotidianamente tra di loro.
Inoltre, nello specifico di T., le volte in cui il bambino ha riferito di atteggiamenti di derisione nei suoi confronti, la maestra afferma che lo ha sempre rassicurato, spiegandogli che litigi fra compagni possono accadere, ma che l’ importante è che, una volta chiaritisi, non accadano più.
Le risposte date dall’insegnante dichiarano una sicura volontà di creare nella classe, tra i bambini, un clima rispettoso, cosicché lo stare a scuola sia sereno e proficuo.
La docente in questione ha sempre operato costruttivamente; ha sempre goduto anche della stima dei genitori della classe, stima manifestata apertamente alla fine di ogni anno scolastico, anche con scritti inviati alla Dirigenza, auspicanti la permanenza della docente, incaricata annuale, nella classe anche per l’anno successivo.
Da ultimo, l’Istituto Comprensivo, di cui la scuola elementare di Via Fabriano fa parte, ha alle spalle una lunga tradizione di accoglienza, parte integrante del POF dell’Istituto, declinata attraverso iniziative e pratiche quotidiane di tolleranza, rispetto, solidarietà.
Da quanto accaduto deriva una riflessione: nel processo di crescita di bambini e di preadolescenti, è importante che la scuola, le famiglie, gli altri soggetti educativi presenti sul territorio, operino in sinergia e condividano gli stessi obiettivi per indicare valori certi e irrinunciabili, perché siano garantiti i diritti di tutti, e non prevalga mai la ragione del più forte o del più scaltro.
Dirigente Emilia BRAMBILLA
 
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La lettera di alcuni genitori dei compagni di classe di T.
Siamo un gruppo di  genitori dei compagni di T. da Lei richiamati nel suo blog del 19.04.2012, i genitori dei bulli per capirci.
In merito alle affermazioni di una madre, il quale figlio sarebbe vessato solo perché padrone dell’utilizzo del congiuntivo, desideriamo narrarle di una realtà diametralmente opposta a quella che abbiamo appreso dal suo blog, fatta di genitori che dialogano tra di loro e fanno del loro meglio per educare i propri figli sui principi basilari dell’istruzione, della tolleranza e del rispetto e, perché no, all’uso del congiuntivo.
Dopo il suo articolo, ci siamo ritrovati e confrontati apertamente, come abbiamo sempre fatto, convinti che con il dialogo si possano superare le microconflittualità che a volte insorgono.
La invitiamo a venire a conoscerci, a parlare con noi e a riscontrare se quanto narrato è reale, oppure se “il bambino che sapeva usare il congiuntivo” è solo una suggestiva finzione di cui non ne comprendiamo le ragioni.
Desideriamo, infine, esprimere in modo corale il nostro apprezzamento per il lavoro fatto dalle insegnanti negli ultimi quattro anni, sia dal punto di vista educativo che scolastico.
I genitori

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Non c'è via di scampo ... non c'è peggior sordo di chi non vuole sentire! Hai mai preso in considerazione la possibilità di cambiare scuola a tuo figlio? Nuova classe, nuovi amici ... nuova vita (si spera)

Anonimo ha detto...

E quindi esattamente cosa propone la Dirigente Brambilla? quale sarebbe la strategia sottile adottata dalla scuola? quale la prevenzione messa in atto?
Non mi risulta che si investa su alcun progetto di prevenzione al bullismo piuttosto che all'abuso, progetti che andrebbero proposti fin dai primi anni della scuola.
Non c'è traccia di pedagogia nella scuola che vivono i miei figli, solo tante regole rigide e l'incombenza dei programmi ministeriali da completare tassativamente, alla faccia dei tempi di maturazione emotivi e cognitivi di ogni bambino.
Consiglio alla mamma di T.: porta via il tuo bambino da questa scuola