2 mar 2015

c'era una volta la scuola di classe


C'era una volta la scuola di classe ...
La riforma della scuola media unica: tra Sandro e Pierino del dottore
Convegno nazionale 
venerdì 13 e sabato 14 marzo 2015 - ore 9:00 / 19:00
Palazzo Bastogi e Palazzo Panciatichi, via Cavour Circolo Arci Isolotto - FIRENZE

L’idea del convegno nasce in relazione al 50° anniversario della Legge n. 1859 del 31 dicembre 1962, che istituiva la scuola media unica e che attuava così il dettato costituzionale del 1948, riguardante la obbligatorietà del percorso scolastico di tutte le cittadine e di tutti i cittadini italiani per almeno otto anni. Praticamente nessuno, o quasi, nello spazio pubblico istituzionale e nel circuito mediatico lo ha ricordato ed ha sottolineato l’importanza che questa scelta legislativa, decisamente democratica, ha assunto nella storia della scuola italiana del secondo dopoguerra.
Al convegno hanno dato la loro adesione numerosi docenti universitari, che hanno messo a disposizione competenze multi e pluridisciplinari (storici dell’età contemporanea, architetti, geostorici, pedagogisti, sociologi, storici orali), dando al convegno una fisionomia interdisciplinare. L’articolazione degli interventi prevede nelle due mattinate quattro relazioni rivolte a tutti i partecipanti, nei due pomeriggi workshops, cioè una pluralità di spazi e di tempi di lavoro in contemporanea su contenuti tematici, che gli iscritti al convegno sceglieranno in base ai propri interessi e preferenze.
La storia della scuola nello stato unitario italiano è contrassegnata, fin dalla sua nascita (Legge Casati del 1859, che dal Regno di Sardegna venne estesa  automaticamente al nuovo Regno d’Italia), nonostante profonde trasformazioni (riforma Gentile all’inizio del ventennio fascista), da una rigida divisione classista tra due percorsi scolastici incomunicabili: la scuola per i figli delle classi dirigenti e la scuola per i figli dei lavoratori. La scuola media unica scalfisce per la prima volta questa dualità: si è ritenuto corretto affrontare la questione inserendola nella storia di lunga durata dell’Italia unita.
La Costituzione del 1948 pone il problema e suggerisce le soluzioni. Da qui inizierà nell’Italia repubblicana un lungo, ricco e complesso dibattito tra le forze politiche, gli intellettuali, gli architetti e i pedagogisti, le associazioni di insegnanti, le riviste, a cominciare dall’impegno riformatore di Tristano Codignola e della casa editrice “La Nuova Italia”. I nodi del dibattito sono sostanzialmente due: se la nuova scuola media debba essere unica o invece divisa in varie articolazioni, la questione (fondamentale, perché va a toccare la tradizione e l’identità della cultura e della scuola italiana, oltre alla sua storica funzione di riproduzione della divisione tra le classi sociali) dell’insegnamento del latino.
Il Parlamento, in una situazione politica che prepara l’esperienza (molto vicina nel tempo) del centrosinistra, arriverà nel 1962 ad una Legge di compromesso: sì alla scuola media unica e obbligatoria, ma prevedendo ancora al suo interno due percorsi e due destini sociali diversificati. A questa “occasione mancata” si aggiungeranno, nella quotidiana applicazione della riforma, le resistenze della burocrazia a tutti i livelli e, soprattutto, quelle delle e degli insegnanti, definite e definiti “vestali della classe media”, in un periodo che, per di più, vede il fenomeno gigantesco delle migrazioni interne, che investe il Nord e il Centro. Ha qui le sue radici la denuncia radicale di “Lettera a una professoressa”, dove i ragazzi di Barbiana, ancora immersi nella cultura contadina delle montagne del Mugello, scoprono, e fanno scoprire alla cultura urbana, il perdurare, nonostante la riforma legislativa, di una scuola ancora di classe.
Nel primo pomeriggio si propongono, in accordo con il carattere scientifico del convegno, la presentazione, l’analisi delle caratteristiche/dei limiti/delle potenzialità, la critica di almeno alcune fonti, preziosi e innovativi strumenti di ricerca sia per la storia della scuola italiana negli anni ’50-’60 (gli archivi scolastici, i quaderni di scuola, i libri di testo), sia per ricostruire il contesto socio-culturale e l’immaginario simbolico, in cui la scuola si trova ad operare, in sintonia o in contrapposizione, e in cui vivono gli adolescenti del secondo dopoguerra (la letteratura per ragazze-i, il cinema per ragazze-i, Sciascia/Mastronardi/Pasolini). Sono, queste ultime, fonti extrascolastiche e agenzie funzionali al processo di acculturazione del “popolo bambino” (le “scuole parallele”, tenendo conto anche della continuità o della discontinuità tra il periodo pre- e il periodo post-riforma) attraverso l’elaborazione di progetti educativi e la trasmissione di valori/di modelli culturali/di modelli di comportamento. Con queste produzioni culturali, nella loro generalità, ma con importanti eccezioni, si programma il sostegno e la conservazione delle gerarchie sociali esistenti.  
Nel secondo pomeriggio sono previsti workshops, che intendono dimostrare come le leggi (in questo caso la riforma della scuola media unica) non siano sufficienti, nonostante le migliori intenzioni, e che un cambiamento reale abbia la possibilità di concretizzarsi solo quando nascano e crescano autodeterminazione, mobilitazione sociale e conflitto da parte di insegnanti, studenti, cittadini. Si focalizza, così, l’attenzione sull’importanza delle esperienze di controscuola (Veneto, Movimento di Quartiere di Firenze, il Villaggio scolastico di Corea a Livorno, le borgate di Roma) e di editoria scolastica alternativa (il Centro di Documentazione di Pistoia, l’enciclopedia “Io e gli altri”, la libreria “Calusca” di Milano).

Il convegno è promosso da "Archivio del Movimento di Quartiere" di Firenze in collaborazione con Movimento di Cooperazione Educativa, Fondazione Giovanni G. Michelucci, Regione Toscana.

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