1) C’è un precedente molto importante nella nostra
battaglia contro l’integralismo estremista della giunte regionali
guidate prima da Formigoni ed oggi da Maroni. Mi riferisco alla Legge
Regionale sulla chiamata diretta che voleva introdurre delle vere e
proprie enclave di tipo ideologico o politico nelle scuole: ogni preside
avrebbe potuto chiamare direttamente quelli che riteneva a lui più
affini. Ebbene venne pure il Ministro Profumo ad incontrare Formigoni e
l’Assessora Aprea dichiarando che questa “sperimentazione” si sarebbe
potuta allargare anche ad altre regioni. Pazzesco! In quella Legge
Regionale c’era l’idea, perseguita con tenacia da Comunione e
Liberazione, di un sistema scolastico regionale concorrenziale con
quello nazionale. Di questo si trattava.
Noi piccola Associazione ci muovemmo immediatamente,
lanciammo una petizione che raccolse migliaia di adesioni, chiedemmo un
incontro, insieme a ReteScuole di Crema, per consegnare le firme alla
Presidenza della Regione Lombardia, coinvolgemmo movimenti di studenti e
di precari e alla fine costringemmo lo stesso Governo ad abbandonare
l’impostazione del ministro Profumo e a ricorrere al Consiglio di stato
contro la Legge Regionale. Il ricorso fu accolto e questa fu la prima
significativa vittoria. Vittoria perché quello che era in gioco era lo
stesso sistema nazionale di instruzione. Questa linea politica della
destra nel nostro paese non solo non era contrastata adeguatamente, ma
settori consistenti del centro-sinistra erano interni a questa
impostazione. Lo stesso si può dire sulla politica dei Buoni Scuola che
va avanti in Regione Lombardia dal 2001 ad oggi senza una vera
opposizione, tranne quella dell’allora gruppo regionale di Rifondazione
Comunista. Non si è trattato solo di consociativismo e di larghe intese
che in Lombardia sono state anticipate rispetto al contesto nazionale.
Si è trattato e si tratta di qualcosa di più e che ha a che fare con
quella concezione della sussidiarietà per cui il privato è contestuale
al pubblico, anzi esso stesso svolge una funzione pubblica ed i due
soggetti, statale e privato, concorrono sul mercato allo stesso livello.
E’ un ribaltamento della Scuola della Costituzione.
L’idea ispiratrice dei padri costituenti era che la scuola pubblica,
laica e pluralista, fosse non solo il luogo dell’istruzione,
dell’educazione e del rafforzamento della cittadinanza consapevole, ma
anche lo strumento privilegiato per “ rimuovere gli ostacoli di ordine
economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza
dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e
l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione
politica, economica e sociale del paese” (Art. 3 della Cost.).
Dunque il nostro riferimento è alla Scuola di tutti e
per tutti, quella che non garantisce solo gli “ottimati”, quella che non
cura i sani e respinge i malati (don Milani). Una scuola della
Costituzione che è lo strumento fondamentale per perseguire un interesse
generale, aprendo la strada ad un progetto di società che, attraverso
l’istruzione, sia in grado di accordare ad ogni cittadina/o,
indipendentemente dalla nascita, il diritto all’emancipazione.
Che cosa ha che fare questa impostazione della Scuola
Repubblicana con quella concezione della scuola/azienda erogatrice di un
servizio tra i servizi da giocarsi sul mercato? Ecco in Lombardia
abbiamo avuto e abbiamo una estremizzazione del concetto, ma non
possiamo dimenticare quanto è stato fatto dal centro-sinistra con la
legge di Parità, la 62/2000 di Luigi Berlinguer che ha inventato il
SISTEMA INTEGRATO PUBBLICO-PRIVATO per cui anche il privato, per lo più
confessionale, dovrebbe svolgere una funzione pubblica.
Un sistema integrato che è incompatibile con l’obbligo
costituzionale della Repubblica di istituire scuole di ogni ordine e
grado ed in più presuppone una omogeneità dell’attività di insegnamento
che non è realizzabile – in quanto l’insegnamento della scuola pubblica
statale deve essere pluralistico, mentre quello privato è un
orientamento di parte, seppure legittimo, ma di parte.
In più non dimentichiamo che, seppur costituzionalmente
garantito, l’intervento del privato non può che essere “senza oneri per
lo stato” secondo l’Art. 33 della Costituzione.
Da qui siamo partiti e dal Referendum vittorioso di
Bologna sul NO al finanziamento alle scuole private. Referendum che,
seppur ripudiato dall’amministrazione del Comune di Bologna, ha aperto
una strada luminosa per tutti a livello nazionale.
Ecco allora il senso della battaglia contro i Buoni
Scuola della Regione Lombardia. Battaglia che assume un significato
generale, non solo perché in altre regioni – come il Veneto – c’è una
politica dei Buoni Scuola che andrebbe ostacolata regione per regione –
ma perché rimanda a quella concezione della sussidiarietà e del sistema
integrato che oggi, anche con la nuova ministra Giannini, viene
rilanciato per portare il privato allo stesso livello del pubblico, in
quanto l’intervento statale è ancora troppo alto nel nostro paese. Da
questa impostazione discende la neccessità del contrasto in ogni sede
del finanziamento alle scuole private.
La battaglia contro i Buoni Scuola posso dire che è
stata ed è una mobilitazione straordinaria: non solo per le 15.000 firme
raccolte ai banchetti e on-line, ma anche perché ha ridato fiducia a
molti docenti e studenti e ha rimesso in moto la coscienza democratica
di molti genitori che hanno cominciato a riunirsi, a formare Comitati o
Associazioni. Ci sono ancora due elementi importanti da sottolineare: il
primo è dato dal fatto che prestigiosi intellettuali, insigni giuristi,
donne e uomini della cultura democratica si sono schierati nettamente, e
l’altro è che abbiamo sperimentato un modo di far politica che era
stato dimenticato: ovvero quello di costruire uno schieramento largo ed
unitario, mettendo assieme associazioni, organizzazioni sindacali e
studentesche, movimenti ed anche forze politiche, dimostrando così che è
possibile lavorare insieme, abbattere steccati e ricostruire una
sinistra unitaria, popolare e capace di ascoltare e di riparlare con la
sua gente, con il suo popolo. Dunque coalizione sociale e coalizione
politica! Le due cose devono stare insieme come dimostra l’esperienza di
Syriza. Altrimenti ci si parla sempre e solo tra gli stessi, pochi ed
interni ad un ceto politico. La drammatica realtà – nella crisi che
morde – della nostra gente, delle sue condizioni di vita e di lavoro o
di non lavoro sta fuori da quel recinto.
2) La mobilitazione contro i Buoni Scuola parte nel 2013
in un momento di grave crisi economica. Dunque non è una battaglia solo
ideologica, ma si inserisce in un contesto di condizione sociale
drammatica. Ho in mente i visi delle mamme che in questi giorni vengono
in centinaia agli sportelli, che, come Associazione NonunodiMeno,
insieme all’Flc/Cgil abbiamo aperto in tutta la Lombardia per lanciare
la Class Action contro la Regione Lombardia. Questo perché la Sentanza
del Tar del gennaio scorso ha dato ragione al nostro Ricorso legale su
un punto che è quello della disparità di trattamento tra studenti delle
scuole statali e quelli delle scuole private. E dato che la sentenza del
Tar è esecutiva noi, con la Class Action, poniamo al Presidente Maroni e
all’Assessora Aprea la questione del risarcire la differenza tra quanto
percepito dalle famiglie con studenti alle scuole statali e quanto
avuto lo scorso anno da quelle con i figli alle scuole private. La
differenza che la Regione Lombardia dovrebbe pagare va dai 340 € ai 670 €
a seconda delle fasce di reddito fino a 15.000 €. E siccome sono sulle
200.000 le famiglie che hanno ricevuto il sostegno al reddito, potete
capire immediatamente l’esplosività della questione!
Ebbene davanti alle scuole abbiamo visto direttamente le
facce della crisi: mamme con lavori saltuari, padri disoccupati da tre o
quattro anni o in cassa integrazione, donne precarie con due o tre
figli, che avendo perso quest’anno, grazie alla Giunta Maroni, il
contributo per il sostegno alle spese scolastiche sia per le elementari
che per gli ultimi 3 anni delle superiori, o, cosa ancora più odiosa,
avendo perso il contributo per gli studenti disabili che frequentano le
scuole statali, mentre quelli delle private lo mantengono, ecco questi
genitori italiani e genitori stranieri vedono nella possibilità di
recuperare 400/500 € un’occasione importantissima per garantire il
diritto allo studio ai loro figli.
Come si può vedere è una battaglia sacrosanta non solo per difendere il
Welfare ma anche per garantire condizioni di vita dignitose a centinaia
di migliaia di persone.
Anche a Bologna quando le famiglie, soprattutto dei
quartieri popolari, si sono viste obbligate ad iscrivere i propri figli
alle scuole private e dunque a pagare una retta salata, queste famiglie
hanno votato convintamente contro il finanziamento alle scuole private.
Ed il referendum lo si è vinto soprattutto nei quartieri popolari di
Bologna.
Dunque la battaglia contro i Buoni Scuola è una
battaglia che coglie una sensibilità di massa che è cresciuta nella
crisi e nel taglio micidiale di risorse alla scuola statale: in molti ci
dicevano: di fronte ad una scuola statale che va a pezzi diventa sempre
più intollerabile che centinaia di milioni di € passino dalle tasche
dei contribuenti alle tasche delle lobbies delle scuole private.
Prima di tutto la scuola pubblica!!! Affermano con
convinzione ed anche con rabbia i genitori nelle assemblee che stiamo
tenendo con risultati a volte insperati.
3) La Battaglia giuridica è fondamentale nel venir meno
delle garanzie democratiche. Se la Regione Lombardia, di fronte a 15.000
firme, nenche si pone il problema di portare la discussione in
Consiglio Regionale, ma è la sola Commissione Istruzione che archivia il
caso, ecco dobbiamo usare tutti i tasti del pianoforte per portare a
casa dei risultati.
Ed un primo risultato è stato colto con il primo ricorso
al Tar, dove si è riconosciuta la illegittimità della disparità di
trattamento tra studenti delle scuole pubbliche e studenti delle
private. Lì si è aperta una breccia nel muro costruito in tanti anni
dalle Giunte Formigoni. E questa breccia adesso va allargata per
demolire l’intero muro. Perché questa prima sentenza, oltre a darci
ragione sul punto della ingiustificabilità della disparità, ha
confermato invece la validità del Buono Scuola in quanto garante della
“libertà di scelta”. L’Associazione NonUnodiMeno, che ha sollevato
insieme alle altre organizzazioni, la questione non solo dell’equità, ma
anche della discriminazione, attraverso il Buono Scuola, nei confronti
degli studenti delle scuole statali, oltre al primo ricorso ne ha
presentato un secondo proprio per poter riporre al centro la questione
della incostituzionalità della politica dei Buoni Scuola.
Vedremo come andrà a finire. Per intanto affianchiamo
alla battaglia giuridica la Class Action, cioè quell’azione collettiva
fondamentale per sotterrare la Regione Lombardia di ricorsi. Quindi
mobilitazione di decine di migliaia di famiglie, di studenti, di
docenti, rafforzamento dell’organizzazione capillare nelle scuole,
battaglia giuridica e poi sul piano politico forte opposizione alla
destra che governa la Regione, ma anche capacità di misurarsi con
un’opposizione del centro-sinistra del tutto inesistente questi anni in
Regione Lombardia.
4) Che contributo pensiamo di dare al conflitto che è
aperto da decenni? Mi pare di avere già detto. Ma un punto vorrei
aggiungere. Nella scuola, come nell’insieme del Welfare si gioca una
partita strategicamente decisiva. Da questa lotta esemplare dei Buoni
Scuola spero che possa venire uno stimolo, una riflessione da parte di
quella sinistra alternativa, estranea a questi processi di
consociativismo e di larghe coalizioni. E la riflessione sta, a mio
parere, nel rimettere al centro della propria agenda politica e della
propria iniziativa le tematiche dell’istruzione, della formazione e più
complessivamente dell’attacco al welfare e alle condizioni di vita e di
lavoro.
Senza questa centralità non c’è sinistra e non c’è progetto politico!.
L’ultima considerazione sta nel ridare evidenza
strategica a quelli che noi giustamente e da sempre consideriamo vere e
proprie “Istituzioni intermedie” cioè quei corpi intermedi della società
che il nuovo populismo di governo di Renzi o di opposizione di Grillo
intende bypassare o addirittura cancellare per rivolgersi direttamente
al popolo.
La democrazia partecipata a cui facciamo riferimento non può prescindere
dalla riaffermazione del ruolo fondamentale delle associazioni, delle
organizzazioni di massa, dei sindacati o dei movimenti. Il loro
azzeramento sarebbe un’ulteriore dimostrazione di quel neo-autoritarismo
che si va profilando. Anche questa è, tra le altre, una contro-riforma
istituzionale. E questo non lo possiamo permettere.
Ne va della democrazia del nostro paese!
Giansandro Barzaghi - Presidente Associazione NonUnodiMeno
24 giugno 2014
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