Pubblichiamo un'intervista a Renato Foschi, docente in psicologia alla Sapienza di Roma, autore di un libro
dedicato a Maria Montessori (Ediesse) e di un saggio pubblicato sulla
rivista telematica Roars.it sui test Invalsi.
«L'Invalsi vuole creare un bambino cosmopolita, un cittadino
desiderabile per i mercati globali, che sappia cioè muoversi tra le
frontiere come un moderno imprenditore di se stesso (...). Chi non rientrerà in
questo modello fondato su conoscenze rigide valide in tutto il mondo
verrà emarginato e scomparirà. Questa è una deriva dei valori
illuministici che ci richiamano a una profonda riflessione».
In cosa consistono questi test?
Sono
test di abilità per verificare le capacità nella lettura e il livello
di apprendimento in matematica e in inglese degli studenti italiani
dalla seconda elementare fino alla maturità. Possono essere usati per
verificare i disturbi di apprendimento nel bambino, ma anche per
misurare la capacità delle scuole nel veicolare un pacchetto di
conoscenze standarizzate che vale per tutti, a prescindere dalle culture
o dalle nazioni di appartenenza. L'Invalsi pensa così di potere
misurare mediamente i ragazzi di una certa scuola o di una certa
regione, stabilendo una comparazione con le scuole di altre regioni o di
altre nazioni. Con ogni probabilità questi test produrranno tutt'altro.
Cosa?
Pur di non essere categorizzate come inferiori,
le scuole insegneranno ai bambini come superare i test Invalsi.
Useranno il tempo della didattica per preapare i bambini ai quiz, un po'
come succede nella scuola guida.
Come verrano usati i risultati di questi test?
Non
lo sappiamo. Questi test non verificano le carenze di una scuola, o
come dovrebbe essere organizzata per migliorare l'insegnamento. Misurano
solo le medie dei punteggi dei bambini e ne ricavano statistiche su
base geografica.
I test nella scuola sono oggetto di un dibattito internazionale importante. In cosa consiste?
C'è
chi pensa che i test Pisa, come quelli Invalsi, servano alla gestione
biopolitca della popolazione dalla nascita alla tomba. E c'è chi, come
Robert Lynn, un'autorità nel campo della psicologia mondiale, li ha
ritenuti utili per gerarchizzare le differenze del quoziente
intellettivo tra paese e paese, una visione che sfiora l'eugenetica.
Lynn tra l'altro si è occupato dell'Italia nel 2010 e ha sostenuto che
gli italiani del Sud sono meno intelligenti di quelli del Nord e che
questo produce un'arretratezza economica. Chi ha pensato i test Invalsi
critica queste posizioni e vuole dimostrare che Lynn ha torto dal punto
di vista metodologico. Mi chiedo se sia corretto, dal punto di vista
etico, sottoporre tutti i bambini italiani a queste prove che possono
essere usate strumentalmente, per fini diversi da quello del
miglioramento pedagogico.
Cosa pensa del progetto di estendere
le prove Invalsi a tutti gli studenti entro il 2015 per renderli
vincolanti per l'accesso all'università?
Spero che fallisca. La
scuola dev'essere a misura dell'individuo e deve cercare di sviluppare
la creatività che è alla base di ogni aspetto della vita sociale.
Quale metodo sceglierebbe per la valutazione degli studenti?
Quello
Montessori, uno dei pochi metodi pedagogici sperimentati empiricamente.
Si basa su un'organizzazione della struttura scolastica a misura di
bambino. Quando vennero inventati i test, le fu chiesto di applicarli ai
bambini romani. Lei si rifiutò dicendo la pedagogia doveva essere a
misura del bambino, ma non doveva misurare i bambini perché non avrebbe
portato a riforme pedagogiche ma solo alla riforma degli esami. Quello
che sta accadendo con i test Invalsi.
(intervista a Renato Foschi, il manifesto, 17 maggio 2013)
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