Si svolge domenica 26 maggio a Bologna un referendum sul finanziamento
alla scuola privata importante, difficile e rischioso. Ma la politica,
quella vera, è anche, e in molti casi soprattutto, proprio capacità di
assumere rischi quando sono in questione principi, quando bisogna cercar
di promuovere mutamenti nella società e nel sistema
politico-istituzionale. Quel che dovrebbe sorprendere, allora, non è che
qualcuno abbia avuto l’ardire di promuovere un referendum, ma che
questo referendum si debba fare. E oggi, in presenza di iniziative
politiche a dir poco azzardate, è più che mai necessario riprendere il
filo, spezzato in questi anni, della politica costituzionale e della
legalità che essa esprime.
L’oggetto specifico è quello ricordato
– risorse pubbliche a beneficio di scuole private. Per giustificare
questa scelta, a Bologna, e non solo, si adoperano argomenti di
opportunità e ritornano le contorsioni giuridiche alle quali da anni si
ricorre per aggirare l’articolo 33 della Costituzione. Ma questo,
davvero, è un punto non negoziabile, per almeno due ragioni. La prima
riguarda la necessità di rispettare la chiarissima lettera della norma
costituzionale che parla di una scuola privata istituita «senza oneri
per lo Stato». Ma bisogna anche ricordare – e questa è la seconda
considerazione – che è sempre la Costituzione a prevedere che lo Stato
debba istituire «scuole statali per tutti gli ordini e gradi».
In
tempi di crisi, questa norma dovrebbe almeno imporre che le scarse
risorse disponibili siano in maniera assolutamente prioritaria destinate
alla scuola pubblica in modo di garantirne la massima funzionalità
possibile. Non a caso, Piero Calamandrei definì la scuola pubblica
«organo costituzionale», individuando la linea dalla quale non può
allontanarsi nessuna istituzione dello Stato.
Il cardinale
Bagnasco ha dichiarato che quel finanziamento permette allo Stato di
risparmiare. Non comprende che non siamo di fronte a una questione
contabile. Si tratta della qualità dell’azione pubblica, del modo in cui
lo Stato adempie ai suoi doveri nei confronti dei cittadini. La
consapevolezza di questi doveri si è assai affievolita in questi anni, e
le conseguenze di questa deriva sono davanti a noi. È ottima cosa,
allora, che siano proprio i cittadini a ricordarsene e a chiedere con un
referendum che la legalità costituzionale venga onorata.
I
cittadini bolognesi hanno oggi la possibilità di far valere un
principio, al di là delle convenienze. E, comunque si concluda questa
vicenda, è stata fatta una buona azione civile, destinata a lasciare un
segno nelle coscienze.
Buon voto a tutte e a tutti
(Stefano Rodotà, il manifesto, 5 maggio 2013)
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