Haddas,
Sally e Tanya hanno vissuto un po’ in Italia. Ora se ne vanno, per
raggiungere posti che sembrano offrire più serenità o opportunità. Un
saluto
augurale e una riflessione. Della Commissione genitori "Cadorna" di
Milano.
“Io e i ragazzi ce ne andiamo, ci tenevo a dirvelo” –
Haddas è una donna eritrea,
immigrazione di lunga data la sua, sorriso luminoso e sguardo profondo:
una presenza che rassicura gli altri. Ma quel che dice oggi è per noi
uno shock – “Mio marito resta qua, lavora. Noi andiamo
da mia sorella a Londra per dare ai miei figli le migliori opportunità
di studio e di futuro”.
“Ciao, vado nelle Filippine con mia sorella e mio papà” –
Sally è comparsa il primo giorno di
scuola per salutare la sua classe. Le compagne di scuola non ci credono
fino in fondo. Lucy, la mamma, ci ha spiegato che resta qui perché
lavora. Jeff, il papà, si è ammalato e tornerà
al proprio paese con le due bambine, così da potersi curare
adeguatamente. “Qui le cure non vanno bene o sono troppo costose; senza
salute non c’è lavoro e senza lavoro non si riesce a campare in
quattro”.
“Vado a Djerba in vacanza e poi resto a vivere al mare” questa la sintesi che
Tanya ha felicemente confidato alle
compagne di scuola. Per i suoi genitori – Cristina e Ahmed – si è
trattato invece di una scelta maturata lentamente. Lei milanese
“storica”, lui tunisino, hanno vissuto qui finché la condizione
lavorativa l’ha permesso. Ma prima la perdita del lavoro di Ahmed,
quindi un’incertezza più generale, un clima sociale poco favorevole,
hanno spinto la coppia e i due figli al grande passo: traversare il
mediterraneo verso Sud e approdare nell’altra patria
per vivere di turismo.
Loro
se ne vanno in un altro posto che sembra offrire più opportunità o una
maggiore serenità, e lasciano noi ancora lì a cercare una strada per
costruire
relazioni e forse qualche forma di integrazione. I tempi delle
relazioni sono lenti, ci eravamo detti; certo ci sono le chiacchiere in
cortile aspettando i bambini, i contatti e le spiegazioni per le
questioni di classe, ma iniziare un’amicizia è un processo
più lungo. Avremo tempo almeno i cinque anni della durata della scuola,
ci eravamo detti.
Questo
tempo invece è finito. Ci mancheranno Haddas, Jeff, Cristina e Ahmed
con i loro figli; ci colpisce il pragmatismo e il coraggio di queste
scelte
e ancor di più il toccare con mano che la nostra scuola per molti è un
luogo di passaggio, come il nostro paese, che realizziamo essere
diventato un luogo dal quale la gente se ne va. Davanti a noi, con le
loro storie, la libertà di queste persone, che pagano
sulla propria pelle il prezzo della scelta di lasciare il loro paese –
ma che si riservano di scegliere più e più volte ancora.
È
un fenomeno nuovo per Milano, per il nostro quartiere, che per la prima
volta dopo decenni ha perso parte della sua attrattiva. Se la scuola
fosse più
inclusiva, se anche gli altri aspetti che fanno società lo fossero,
forse si scongiurerebbero traiettorie di vita che ci impoveriscono. Le
scelte di Haddas, Sally e Tania ci pongono domande per le quali non
abbiamo facili risposte. Serve tempo, e la consapevolezza
che c’è un sacco di lavoro da fare. Per ora, ai nostri potenziali
amici, grandi e piccoli, non possiamo far altro che augurare: buon
viaggio!
La Commissione Intercultura dell'Istituto Comprensivo Scolastico Luigi Cadorna di Milano
Pubblicato il 23 ottobre 2015 sul blog
http://www.giuntiscuola.it/
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