Il disegno di legge del governo Renzi ha un segno chiaramente aziendalistico, autarchico e antidemocratico. È
funzionale alla logica dell’economia di mercato e alle esigenze della Confindustria e dei poteri forti della finanza che vogliono trasformare la scuola e l’educazione
in un business (dello stesso autore leggi anche
Non pensare
ndr).
Cosa lo dimostra?
L’entrata degli
sponsor privati
nei
programmi e nei piani dell’offerta formativa (che diventano triennali
senza possibilità di rimodulazione e vera progettualità pedagogica);
la chiamata diretta fatta dai dirigenti scolastici
supermanager (modello Marchionne, il nuovo idolo di Renzi-Giannini) e veri gerarchi
d’istituto che svuotano il carattere democratico e partecipativo delle decisioni collegiali;
la svalorizzazione continua del carattere umanistico della formazione
(del tipo aboliamo Manzoni per legge dalla scuola);
l’accento continuo messo sulle parole
competenze
(competere) e
efficienza (costo/beneficio e non certo sulla qualità didattica e culturale);
la quasi assenza di riferimento alla scuola meticciata culturalmente nonché all’inclusione non come slogan ma come pratica
educativa vera che permette la costruzione dell’alleanza pedagogica tra scuole e famiglie;
la
precarizzazione del mestiere dell’insegnante con l’introduzione delle logiche
del Job’s Act nella scuola;
l’esclusione d’ufficio di una prospettiva per i precari di lunga data (è così che il governo intende l’eliminazione del
precariato);
l’uso
del 5X1.000 per finanziare i progetti delle scuole (che vuol dire due
cose, nel futuro non s’investirà denaro pubblico
per il futuro della scuola, aumenteranno le diseguaglianze tra scuole
di serie A dei quartieri ricchi e quelle di serie B delle classi
popolari);
la confusione caotica di progetti di formazione e preparazione pedagogica dei futuri insegnanti che si dovranno pagare
(in modo salato) delle preparazioni che non li garantiscono neanche di avere un posto nella scuola;
il progetto di evoluzione del “sostegno” costruito sul dominio del carattere clinico sulla disabilità e sulla probabile
diminuzione d’organico.
il
fatto che il governo abbia conservato tredici deleghe sul disegno di
legge e quindi potrà anche non tener conto di
quello che deciderà il parlamento (è praticamente una delega in bianco a
Renzi-Giannini e i suoi servili funzionari del ministero).
Sono solo alcuni degli aspetti regressivi e reazionari di questo disegno di legge che demolisce la struttura della scuola
pubblica repubblicana e democratica.
In parlamento i giochi sono praticamente fatti visto il controllo del governo e del Pd,
l’unico
modo di fare indietreggiare il governo passa attraverso la
mobilizzazione e la ribellione esplicita di insegnanti e dirigenti
scolastici, con le famiglie
che
devono rendersi conto, che abbiano a cuore la scuola repubblicana
pubblica e quindi il futuro democratico del paese che passa attraverso
la formazione delle future generazioni.
Insegnanti
non siate sudditi e carne da macello di un esperimento neoliberalista,
regressivo e antidemocratico che porterà
l’Italia a diventare periferia e terzo mondo, reagite e ridiventate
cittadini! Difendete anche l’identità culturale della scuola italiana
contro il dilagare dell’americanizzazione al punto di volere quasi
sostituire la lingua italiana con quella inglese. È
ora di dire No per il futuro dei nostri figli e della democrazia e la
dignità di questo paese.
Molti
si chiedono come fare per opporsi a questo progetto regressivo di
scuola che sta per essere approvato. Personalmente
invito gli insegnanti a riprendere in mano i testi di Piero Bertolini
su democrazia e educazione, quelli di Don Lorenzo Milani e di Paulo
Freire.
Troveremo in questi pensatori e pedagogisti critici delle indicazioni concrete:
Piero Bertolini in continuità con la tradizione democratica e progressista della
scuola pedagogica italiana che si rifa all’educazione nuova e al Movimento di cooperazione educativo
(per intenderci a Ernesto Codignola,
Célestin Freinet)
ricorda che gli insegnanti assieme ai loro alunni (e alle
famiglie di questi ultimi) formano una comunità attiva che fa della
partecipazione vera alla progettazione pedagogica un elemento vitale
della cittadinanza attiva a scuola. seguendo queste indicazioni penso
che
è
venuto il momento di aprire le scuole a questo grande dibattito
nazionale su quale scuola vogliamo per quale democrazia e quale tipo di
società.
Gli insegnanti in alleanza con i genitori possono farsi promotori di
iniziative di discussione per fare crescere la conoscenza e la presa di
coscienza. Se poi riprendiamo
Don Lorenzo Milani
occorre denunciare il carattere classista del modello di scuola che va avanti in questo momento
facendo della scrittura collettiva tra insegnanti del medesimo istituto
ma anche tra insegnanti di diversi istituti in diverse zone d’Italia un
laboratorio di elaborazione collettiva che fa ridiventare la scuola e i
suoi protagonisti quello che
Antonio Gramsci
chiamava un Intellettuale collettivo che mette la questione
dell’eguaglianza delle opportunità nell’accesso ai sapere e le
conoscenze al centro del dibattito. Poi
Paulo Freire,
il grande pedagogista brasiliano ispiratore dell’attuale movimento di
rinnovamento di tutta la scuola brasiliana nel senso di maggiore
giustizia nell’istruzione, ci indica che
si possono organizzare dei circoli di cultura pedagogica in ogni scuola
coinvolgendo genitori e attori sociali della comunità. Sono alcune
delle indicazioni pratiche che troviamo in questi pedagogisti che
vedevano la scuola, riprendendo la grandi idee educative
espresse da John Dewey in Democrazia e educazione, come un bene comune pilastro di ogni società autenticamente democratica.
Dunque, cha fare? Qualche proposta rivolta principalmente agli insegnanti:
1) Intanto
superare ogni logica puramente corporativa e autoreferenziale
che divide il
corpo docente tra precari, di ruolo ecc…, ma che divide anche la scuola
dal resto della società. Voi insegnanti dovete trasformare la vostra
battaglia in una lotta per il bene comune e di tutti, aprirvi alla
società, aprire le vostre scuole alle famiglie e
ai cittadini, fare delle vostre scuole delle Agorà pedagogiche dove ci
si confronta sul cosa fare insieme per garantire l’eguaglianza delle
opportunità per tutti di fronte all’istruzione e migliorare la qualità
didattica e formativa.
2) Organizzatevi in
gruppi di lavoro pedagogico e culturale
e partendo dalla vostre esperienze sollevate le questioni della
distribuzione delle risorse da investire per migliore il funzionamento
strutturale delle scuole, affrontate le questioni della relazione
educativa con gli alunni e fatte una lettura socio-culturale delle
situazioni che vi portano i vostri alunni nelle classi,
progettate degli interventi
e non aspettate che vi arrivano le indicazioni o autorizzazioni dall’alto, organizzatevi in collettivi pedagogici
che rimettono la pedagogia critica e attiva al centro
dell’azione docente, mettevi in rete
come collettivi in rete con altri istituti del vostro
territorio e organizzate degli incontri territoriali aperti alla cittadinanza.
Una scuola aperta 24 ore su 24 come la pensavano Don Lorenzo Milani, John Dewey, e Célestin Freinet:
la scuola del popolo!
3) Coinvolgete
il più possibile i genitori
dei vostri alunni che sono degli alleati strategici per la costruzione
di un nuovo patto educativo e un progetto pedagogico generale
territoriale,
locale e nazionale.
4) Andate
nei quartieri e nelle fabbriche
mettendovi in contatto con le organizzazioni sindacali disponibili per
parlare dell’importanza della scuola repubblicana democratica
per il futuro del paese e delle nuove generazioni; una alleanza con gli
altri lavoratori è vitale perché tutti capiscano la partita che si sta
giocando per la vita della nostra democrazia e della Costituzione.
5)
Prendete contatto con l’Università e tutti quei ricercatori e docenti universitari
che sono disponibili e critici verso la deriva aziendalistica antidemocratica attuale nel mondo della scuola.
6) Organizzate nelle
scuole eventi di difesa dell’identità culturale del vostro paese e della sua tradizione umanistica,
ricordate che senza sapere chi si è non si sa dove si va e si diventa servi dei nuovi padroni.
Non
abbiate paura riprendete coraggio e costruite assieme alla gente di
buona volontà angosciata per il degrado antidemocratico,
ai giovani studenti, ai tanti lavoratori e genitori preoccupati per il
futuro , alla tante associazioni di volontariato mille iniziative
partendo dalla vostre scuole, fatte delle vostre scuole i bastioni di
difesa della democrazia, del diritto all’istruzione
per tutti, della solidarietà, dell’eguaglianza e della cultura. La
scuola come bene comune si deve aprire e interpellare tutta la società e
parlare a tutti in modo aperto e senza timore. Abbiate fiducia in voi
stessi come donne, uomini liberi, cittadine e
cittadini, come educatrici ed educatori!
(Alain Gousset, 12 aprile 2015,
http://comune-info.net/2015/ 04/insegnanti-questo-e-il- momento-di-ribellarsi/)
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