7 giu 2015

forse son desti! ddl scuola, l'appello del mondo accademico

Pochi giorni fa abbiamo pubblicato un intervento di Marta Baiardi, insegnante, dal titolo eloquente: "Il silenzio dell'intelligenza sulla proposta di riforma della scuola del governo" [clicca qui]: << ... insegnanti, studenti e sindacati, tranne qualche lodevole mosca bianca, nel dibattito pubblico sulla riforma della scuola sono stati lasciati soli. Dove sono i filosofi, i letterati, gli scrittori, gli storici, i sociologhi, gli scienziati? Che cosa pensano i nostri illustri accademici, seduti sulle loro cattedre? Un silenzio assordante ha circondato questa riforma, il che significa che il mondo della cultura italiano ... non ha nulla da dire su questo tema, centrale per il paese  ... >>.  Leggiamo oggi che il mondo accademico è intervuto sul DDL scuola: docenti costituzionalisti, pedagogisti, storici dell’arte e del diritto del lavoro hanno rivolto un appello con il quale invitano il Parlamento ad un approccio meditato sulla scuola, nella direzione indicata dai principi costituzionali, ignorati e traditi per più aspetti nel testo in discussione. Il testo dell'appello:  

 

Una istruzione pubblica debole e non autosufficiente inabissa la speranza democratica ed eleva gli squilibri sociali

La scuola, su cui il Governo si appresta ad intervenire, ha un sicuro fondamento costituzionale (art. 33 e 34 Cost.). Piero Calamandrei l’ha definita non un semplice segmento dell’apparato dello Stato quanto piuttosto un vero e proprio “organo costituzionale”.
Per queste ragioni sollecitiamo un approccio meditato nella direzione indicata dai principi costituzionali, ignorati e traditi per più aspetti nella normativa in discussione in Parlamento.
In effetti, la riforma progettata dal Governo non si propone una scuola aperta a tutti, istituita dallo Stato in tutto il territorio nazionale per tutti gli ordini e gradi, in cui si assicuri con il massimo di estensione ed una gratuità effettiva l’obbligo di istruirsi coessenziale all’essere cittadini consapevoli; una scuola che sia mezzo per superare gli ostacoli frapposti all’uguaglianza e alla libertà, per far convivere le diversità, per rompere la calcificazione della provenienza economica e sociale dei singoli, premiando impegno e capacità effettivamente accertate. In altre parole: una scuola effettivamente democratica.
La ricostruzione del patto fra scuola e società, oggi andato in frantumi, può essere ottenuta solo attraverso un ingente investimento politico e finanziario, pur nella contingenza data, che riallinei l’Italia almeno agli standard medi dei Paesi Ocse, invertendo la tendenza ad una forte riduzione delle risorse umane e professionali affermatasi sin dalla fine dello scorso decennio.
Tra i tanti, segnaliamo tre aspetti fondamentali che dovrebbero ispirare qualsiasi tentativo di ripristino della “buona scuola”: restituire prestigio sociale e morale alla professione docente;  rilanciare l’autonomia delle istituzioni scolastiche, in funzione della promozione della libertà di insegnamento, come espressione di una più ampia libertà dell’arte e della scienza, e della libertà di apprendere degli studenti; rafforzare le relazioni tra la scuola e l’ambiente sociale, economico e culturale in cui opera.
Solo il recupero di senso della professione docente è in grado di realizzare una effettiva libertà di insegnamento, consentendo a coloro che sono chiamati a tale delicatissimo compito di assolverlo adeguatamente, cogliendo gli stimoli provenienti dal contesto sociale e culturale all’interno di un percorso di aggiornamento continuo e di verifica della professionalità. Non c’è al riguardo, nella normativa all’attenzione del Parlamento, nulla di sostanzialmente nuovo, se non l’ennesimo tentativo di rimescolare le carte, per aggirare le conseguenze della severa condanna subita dall’Italia in Europa per il trattamento degli insegnanti “precari”.
Quanto alla realizzazione dell’autonomia delle istituzioni scolastiche, essa è da intendersi come una desiderabile declinazione della autodeterminazione delle singole scuole in relazione al contesto sociale nel quale sono inserite. E’ da riporre mano alla gestione collegiale della scuola, per garantire in modo efficace l’effettiva e libera partecipazione di ogni sua componente, nel rispetto delle rispettive competenze e dei ruoli di ciascuna di esse (insegnanti, studenti, dirigenti e Ata). E’ sbagliato e paradossale considerare realizzata l’autonomia scolastica puntando, come punta il Governo, sulla centralità della figura del dirigente scolastico. Con la pervicace riproposizione anche a questo livello di un modello organizzativo incentrato sulla figura del capo che detta e realizza i suoi indirizzi. Si tratta di un modello incompatibile con il principio dell’autonomia delle scuole, perché ripropone il vecchio e fallimentare centralismo e crea il presupposto per la deresponsabilizzazione del personale e la realizzazione di una filiera di comando che rimanda agli organi superiori. Il rilancio dell’autonomia non può invece prescindere dalla valorizzazione dell’offerta formativa, da realizzare anche attraverso la formazione continua del personale e la creazione di un serio e condiviso  sistema di valutazione
Come sbagliato e riduttivo è il riassumere il rapporto tra istituzione scolastica e società in un’alternanza tra scuola e lavoro la quale si risolva, come consente il progetto governativo, nel tramutare temporaneamente gli studenti in lavoratori generici e senza diritti, per la messa a disposizione delle imprese di manodopera a costo basso o nullo. Occorre, viceversa, non solo garantire i diritti di chi lavora per studiare, istruirsi e formarsi, ma anche mettere in linea questo lavoro con obiettivi specifici, di cui spetta alla scuola la programmazione; così come occorre il rispetto e la promozione della fatica dei lavoratori-studenti, nonché la garanzia di una formazione ed istruzione permanente, per tutti i lavoratori.
Troppe volte, e in un brevissimo lasso di tempo, la scuola ha “subito riforme”: nel 1997, nel 2003, nel 2008.
L’invito è a prendersi cura della scuola, ritornando a perseguire l’idea di una sua autentica autonomia e libertà, alla quale ripugna ogni eccesso di burocratizzazione e di gerarchizzazione.
A tal riguardo, una domanda conclusiva: perché seguitare a finanziare direttamente o indirettamente le scuole private, favorendone la scelta in assenza di seri controlli  sul loro operare ed i suoi effetti, quando non si riesce ad assolvere l’obbligo di sostenere adeguatamente le scuole pubbliche? In realtà, incentivare la frequenza di scuole private, e per giunta affidarsi a finanziamenti privati anche per le scuole pubbliche, vuol dire coltivare l’idea, da respingere come incompatibile con la Costituzione, che oramai si debba rinunciare alla scuola di tutti e di ciascuno. Si tratterebbe di una vera e propria resa della democrazia repubblicana.
Se sei un docente universitario invia la tua adesione all'indirizzo: organizzazione@flcgil.it
Hanno firmato: 

Vittorio Angiolini, professore ordinario di Diritto Costituzionale nell’Università di Milano
Antonio D’Andrea, professore ordinario di Diritto Costituzionale nell’Università di Brescia
Mario Ricciardi, professore associato di Diritto del lavoro nell'Università di Bologna

Luca Baccelli, Professore ordinario di Filosofia del diritto, Università degli Studi di Camerino
Diego Barletta, Ricercatore di Impianti Chimici, Università degli Studi di Salerno
Silvia Bodoardo, Professore associato, Politecnico di Torino
Marco Bontempo, Docente Conservatorio di Musica di Milano
Roberta CalvanoProfessore associato di Diritto costituzionale, Università degli Studi di Roma Unitelma Sapienza
Marco Catarci, Professore associato di Pedagogia sociale e interculturale, Università degli Studi Roma Tre
Iain Chambers, Professore ordinario di Sociologia di processi culturali e comunicativi, Università degli Studi di Napoli “L’Orientale”
Antonella Ciccarese, Docente di Chimica Generale ed Inorganica, Università degli Studi del Salento
Fabio de Nardis, Professore associato di sociologia politica e Presidente del Corso di Laurea in Sociologia, Università degli Studi del Salento
Marco Dondero, Ricercatore di Letteratura italiana, Università degli Studi di Macerata
Laura Fiocco, Professore associato Sociologia del lavoro, Università degli Studi della Calabria
Massimiliano Fiorucci, Professore associato di Pedagogia interculturale e sociale, Università degli Studi Roma Tre
Guglielmo Forges Davanzati, Professore associato di Storia dell'Economia Politica, Università degli Studi del Salento
Franco Frabboni, Professore emerito di Pedagogia dell’Università di Bologna (leggi il suo contributo)
Vincenzo Franciosi, Professore associato di Archeologia Classica, Università degli Studi “Suor Orsola Benincasa” di Napoli
Sabrina Fusari, Professore associato di Lingua e linguistica inglese, Università degli Studi di Bologna
Silvio Gambino, Professore ordinario di diritto pubblico comparato, Università degli Studi della Calabria
Teresa Grange, Professore ordinario di Pedagogia Sperimentale, Università della Valle d’Aosta
Donatella Izzo, Professore ordinario, Università degli Studi di Napoli “L’Orientale”
Sergio Labate, Ricercatore confermato di Filosofia teoretica, Università degli Studi di Macerata
Paola Maggio, Ricercatore confermato, Università degli Studi di Palermo
Claudio Micaelli, Docente ordinario di Letteratura Cristiana Antica, Università degli Studi di Macerata
Mariagrazia Monaci, Professore ordinario in Psicologia Sociale, Università della Valle d’Aosta
Tomaso Montanari, Professore associato di Storia dell’arte moderna, Università Federico II di Napoli
Anna Painelli, Professore ordinario di chimica fisica, Università degli Studi di Parma
Carlo Pari, Docente di pianoforte principale, Conservatorio Benedetto Marcello di Venezia
Stefano Perri, Professore ordinario di Microeconomia, Università degli Studi di Macerata
Angelo Salento, Docente di Analisi sociologica dei processi di sviluppo, Università degli Studi del Salento
Donatello Santarone, Professore associato di didattica interculturale, Università degli Studi Roma Tre
Luca Scacchi, Ricercatore in Psicologia Sociale, Università della Valle d’Aosta
Alfonso Sorrentino, Professore associato (Dipartimento di matematica), Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”
Giorgio Tassinari, Professore ordinario di Analisi di mercato, Università degli Studi di Bologna
Tiziana Terranova, Professore associato di Sociologia dei processi culturali e comunicativi, Università degli Studi di Napoli “L’Orientale”
Claudio Tognonato, Professore associato di Sociologia economica e dello sviluppo, Università degli Studi Roma Tre
Vittorio Tomelleri, Professore associato di Filologia Slava, Università degli Studi di Macerata
Nadia Urbinati, Professore di Teoria Politica nella Columbia University.
Alessandro Zennaro, Professore ordinario di Psicologia Dinamica, Università degli Studi di Torino

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