5 mar 2015

dieci cose che non sopporto quando si parla di scuola (da il nuovo mondo di galatea)

Da docente, ma anche da cittadina e da ex alunna, ogni volta che si parla di scuola confesso che mi prende l’intorcolo di stomaco (non si dice intorcolo? sì, si dice, è quella roba che mi viene quando si parla di scuola). Finisce che baruffo, baruffo con tutti, a Destra e a Sinistra, perché, quando si parla di scuola, ci sono alcune cose che me le fanno girare, e tantissimo, non perché sono cose di destra, o di sinistra, ma perché per conto mio sono semplicemente grandissime scemenze.

 
1. La scuola privata. Vuoi mandare i tuoi figli alla scuola privata? Mandaceli, sei liberissimo. Però non venire a chiedere i soldi a me. Non ti voglio finanziare e non voglio nemmeno che tu abbia una riduzione delle tasse. Per altro, tutti i dati OCSE e PISA, cioè quelle valutazioni a cui ti appelli per dimostrare che la scuola pubblica fa schifo, dimostrano che la scuola privata insegna in Italia ancora peggio di quella pubblica. Per cui, in pratica, io ti darei un aiuto economico per mandare i tuoi pargoli a studiare in scuole che li preparano pure peggio di quella pubblica che disprezzi. E’ un controsenso, renditene conto e piantala.
2. La valutazione dei docenti (e dei dirigenti): sì, io sono favorevole ad essere valutata. A dire il vero lo sono stata già al momento dell’immissione in ruolo, perché mi sono vinta un concorso ordinario. Ma sono favorevole anche a venire valutata ogni tanto, sia sui contenuti che sulla didattica, perché trovo giusto che ogni tot anni qualcuno verifichi se mi ricordo ancora quello che dovrei insegnare. E sono anche però d’accordo che, se dimostro di saperlo e supero la valutazione, mi venga anche riconosciuto un consistente bonus economico, esattamente come viene riconosciuto nelle aziende private, perché sinceramente 60 euro di carità e una pacca sulla spalla dopo che per tre anni mi viene chiesto di far di tutto sono una presa in giro.
3. L’orario: 18 ore di lezione settimanale, se le fai bene, sono un carico di lavoro notevole, sia lavorativo che emotivo, contando che abbiamo a che fare con ragazzini e ragazzi. Per altro, in nessuno Stato al mondo se ne fanno di più, e i giorni di sospensione delle lezioni in Italia sono meno che in altri Stati europei. Inoltre piantatela una buona volta di confondere l’orario di lavoro con l’orario in cui sono in classe. Io lavoro anche nel pomeriggio per preparare le lezioni, correggere i compiti, aggiornarmi, andare a riunioni. Non ci credete? Vuol dire che siete degli imbecilli. Dei grandissimi imbecilli, per dirla tutta. Inoltre il mio, che ci crediate o no, è un lavoro intellettuale: non faccio la baby sitter ai vostri figli. Il che vuol dire che se mi tenete a scuola 20 o 30 ore a far lezione, i vostri figli non avranno una insegnante migliore, solo una insegnante più stanca che, per rimanere lì, si limiterà a guardarli senza insegnare loro nulla. Volete qualcuno che insegni ai vostri figli o solo qualcuno che ve li tenga lì a pascolare? Se la risposta è qualcuno che insegni, piantatela di rompere le scatole con l’idea di aumentarci le ore di lezione in classe.
4. Il numero di alunni per classe: vuoi una scuola di qualità. Bene, sappi che per dare ad ogni alunno la giusta attenzione c’è bisogno che le classi abbiano dimensioni “umane”. Lavorare in una classe di 30/35 ragazzi, di cui magari due o tre hanno anche seri problemi fisici o psicologici, non garantisce a nessuno niente, neppure quel briciolo di serenità che è necessaria a capire cosa si stia facendo, Quindi la prima cosa da fare è ridurre il numero di alunni per classe. 20, al massimo. Sì, certo, costa perché bisogna fare classi in più. Ma se vuoi una scuola di qualità, renditi conto che devi anche spendere. Non si può del resto pretendere di comprare una Ferrari pagandola quanto una 500 scassata.
5. Sì, la scuola costa. Fattene una ragione. Se vuoi che funzioni bene, devi mettere in conto che servono investimenti. Se vuoi solo tagliare, sappi che si può fare fino ad un certo punto, perché superato il limite ( e ormai ci siamo) il sistema si impalla. Se ti scocciano i costi dell’Istruzione, però, valuta anche quali sono i costi dell’ignoranza. I paesi poco sviluppati spendono molto poco in scuola ed istruzione. E sono appunto poco sviluppati. Domandati perché.
6. Ogni alunno bocciato o che si perde per strada non è solo un fallimento dal punto di vista umano, ma è anche un costo economico. Per ridurre il numero dei bocciati bisogna dare loro piani e progetti di sostegno durante l’anno. Ma questi vanno finanziati. Sennò o si boccia un gran numero di alunni, che dopo restano lì frustrati a ciondolare senza imparare nulla, e quindi costano, o si dà un diploma e si promuove anche chi non ha imparato nulla, con la conseguenza che il diploma diventa carta straccia.
7. La scuola non è un ente assistenziale, né per gli alunni né per i docenti. I problemi dei ragazzi non possono sempre essere demandati alla buona volontà dei docenti, che devono improvvisarsi terapeuti e assistenti sociali, animatori di comunità in quartieri disagiati e non so che altro, perché il resto dello Stato non fa nulla e quindi loro sono costretti a supplire a famiglie ormai sgangherate, crisi socioeconomiche, disagi esistenziali di figli e genitori. Volete una scuola di qualità? Bene, lasciare fare ai docenti i docenti, che è quello che sanno fare, e per tutto il resto mettete finalmente in piedi sistemi che aiutano i territori e le famiglie a risolvere i loro problemi. E anche per i docenti e per il personale non docente, la scuola non è un ente assistenziale che offre uno stipendio (basso) a tutti. E’ una scuola, per cui va ad insegnare chi è realmente interessato a questo lavoro. Per tutti gli altri, quelli che lo considerano un part time sine cura, per piacere trovate qualche soluzione alternativa, che fanno solo danni.
8. Renditi conto, quando parli con me, che stai parlando con un professionista del suo settore. Quindi, se ti dico qualcosa, valutalo come valuteresti il parere di un avvocato sul sistema giuridico o quello di un medico sulle cure ospedaliere. Piantala di crederti competente a parlare di scuola solo perché vent’anni o trent’anni fa sei stato alunno. In trent’anni la scuola è cambiata, e poi non è detto che a quattordici anni tu potessi capire proprio tutto quello che stava attorno a te. Piantala di trattarmi con sufficienza o con disprezzo quando ti avverto che alcune tue brillanti idee sono idiozie inapplicabili. Se mi tratti con rispetto sono disposta a discutere con te, se non lo fai ti prendo a parolacce come meriti.
9. Le buone pratiche. Ci sono. Sono tante. E funzionano. Ci sono scuole in Italia che hanno risultati pari e addirittura superiori alle scuole di Francia e Germania. Che funzionano bene. Invece di pensare ogni anno ad una riforma diversa, sarebbe il caso di studiare quanto di buono già facciamo ed estenderlo a tutto il territorio nazionale. Fra l’altro, costa anche meno che pagare decine di tecnici per partorire cose in gran parte inapplicabili e parecchio astruse. E per buone pratiche intendo cose molto semplici, tipo corsi di sostegno durante l’anno, attività supplementari al pomeriggio. Costano, ma spesso meno di quanto di creda, e certamente meno che certi finanziamenti insulsi dati a progetti megagalattici che poi hanno risultati ridicoli.
10. La scuola non è un’azienda. Per cui parti dal sano presupposto che non tutto quello che vale per le aziende può valere anche per le scuole. Non produciamo bulloni, insegniamo a degli esseri umani. Se vuoi una scuola che funziona come un’azienda rischi anche che tuo figlio sia poi trattato come un bullone, e scartato se dimostra un minimo difetto. Chiediti: sei proprio sicuro di volere una scuola così?

da Il nuovo mondo di Galatea, Diario ironico dal mitico nordest (5 marzo 2015)
https://ilnuovomondodigalatea.wordpress.com/

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