Gent.mo presidente Renzi, mi chiamo Daniele Manni, sono un docente
di Lecce, innamorato e appassionato del proprio ruolo (non riesco
a chiamarlo lavoro) e, pare, sono fra i 50 finalisti al mondo
candidati al titolo internazionale di “Premio Nobel” per
l’Insegnamento, il Global Teacher Prize della Varkey Gems Foundation.
In Europa siamo solo in nove e due in Italia (quasi il 30%), anche
se so perfettamente di essere solo stato fortunato perché c’è
stato qualcuno che si è preso la briga di segnalare il mio operato
alla Fondazione, quindi, dietro questa punta di iceberg, sono certo
si nascondono centinaia di colleghi altrettanto meritevoli di
questo titolo, i quali lavorano, sperimentano e innovano ogni
giorno, nel silenzio delle loro aule, fianco a fianco con i loro
fortunati studenti.
Ho deciso di scriverle perché oggi sono “qualcuno” e questo mio
quarto d’ora di notorietà durerà appena un mese, fino a quando non
diverrò un banale «ex» finalista e le mie parole avranno certo un peso
diverso.
Cosa le chiedo?
Niente di più di quanto lei non stia ripetendo negli ultimi giorni,
ossia più considerazione in Italia per la professione docente,
più «ritmo» nella scuola. Solo che, oltre ad ascoltare e ad apprezzare
i suoi nobili intenti, mi piacerebbe che in questo nuovo anno
vedessimo azioni concrete, un po’ come facciamo noi bravi insegnanti
“da Nobel” con i nostri alunni, agendo e creando risultati e non solo
annunciando cambiamento e innovazione.
Di azioni concrete per riqualificare il nostro ruolo nella società italiana me ne vengono in mente due.
La prima, a rischio di sembrare banale, è quella di rendere
semplicemente «dignitoso» lo stipendio che ci viene
riconosciuto, perché oggi, dignitoso, non lo è affatto. Se, pur
essendo i peggio pagati e ricevendo poca o nulla stima dalla società
civile, riceviamo lode e attenzione internazionale e la nostra
opera quotidiana rende la scuola italiana una delle «istituzioni» più apprezzate dalla cittadinanza
(al terzo posto, dopo papa Francesco e le forze dell’ordine), chiedo
a Lei e al governo che rappresenta, cosa potrebbe essere la Scuola
italiana se il corpo docente ricevesse più credito e dignità?
Come pensa che la società possa apprezzare una figura così
importante per la vita e il presente (non solo il futuro) dei nostri
figli se lo stato è il primo a ridicolizzarne il lavoro con un
riconoscimento inadeguato?
Comprendo benissimo che questo è un momento certo non facile per
mettere sul tavolo un piano di aumenti ma qualche primo, piccolo
segnale non sarebbe affatto una mossa errata. Se si sta chiedendo se
questo mio è un tentativo per ottenere ciò che in tanti non sono
riusciti negli ultimi vent’anni, la risposta è… sì.
La seconda possibile azione è quella di ideare e realizzare
iniziative concrete per valorizzare la professione,
approfittando anche di ogni possibile occasione per enfatizzare,
rendere pubbliche e diffondere le opere meritorie e le persone
meritevoli nella scuola, ogni qualvolta se ne presenta
l’opportunità.
Vuole qualche esempio? La Varkey Gems Foundation ha
come mission quella di alzare il livello di considerazione
dell’insegnamento e si è inventato un premio da 1 milione di dollari
per accendere i riflettori di tutto il mondo su questa
straordinaria professione (sempre che il governo ed il ministero
italiano abbiano, anch’essi, questa mission). È vero, loro sono
ricchi e hanno i soldi, ma quanta ricchezza abbiamo noi italiani in
termini di creatività ed inventiva? E non sta certo a me suggerire
modi e metodi efficaci.
Concludo augurando a noi docenti che lei possa prendere e in
considerazione quanto le ho scritto e a Lei, ai suoi cari e a tutto
il suo staff un 2015 proficuo, sereno e ricco di sorrisi.
Con grande rispetto e fiducia.
Daniele Manni, 3 gennaio 2015
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