6 nov 2014

sulla cittadinanza dei bambini nati in italia, giuseppe caliceti e graziano delrio

Posta e risposta tra Giuseppe Caliceti e Graziano Delrio, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri nel Governo Renzi, sulla cittadinanza dei bambini nati in Italia (dal quotidiano il manifesto).

[1. novembre 2014] Caro Gra­ziano,
ti ricordi quando eri sin­daco di Reg­gio Emi­lia e capo dell’Anci e io sono venuto da te a por­tarti il mio libro «Ita­liani, per esem­pio. L’Italia vista dai bam­bini immi­grati», da cui è nata la «nostra» bella cam­pa­gna di cit­ta­di­nanza «L’Italia sono anch’io» insieme a Fel­tri­nelli, Cgil nazio­nale, Arci Nazio­nale, Cari­tas e tante altre asso­cia­zioni e sog­getti del mondo civile?

Quanto entu­sia­smo! Quante speranze!
Ti disturbo per­ché l’altra set­ti­mana ho sen­tito la dichia­ra­zione del pre­si­dente del Con­si­glio sulla volontà di intro­durre lo ius soli «tem­pe­rato».
Se ho capito bene, per i ragazzi stra­nieri nati e/o cre­sciuti in Ita­lia, ver­rebbe subor­di­nato al com­ple­ta­mento di un ciclo di studi: la scuola dell’obbligo che in Ita­lia ter­mina a 16 anni o la secon­da­ria supe­riore per chi è arri­vato qui ado­le­scente. Tanta enfasi nell’annuncio, per poi abbas­sare la soglia di due soli anni?
Per me, te lo con­fesso, è stata una delusione.
E per te? Non si poteva pro­prio fare niente di meglio?
Insomma, rispetto alla situa­zione di oggi, — che noi, insieme a tanti altri, rite­ne­vamo assurda e vec­chia, — si abbas­se­rebbe di soli due anni l’età di accesso alla cit­ta­di­nanza. E prima? Da 0 a 16 anni? Un bam­bino nato in Ita­lia figlio di immi­grati, con­ti­nue­reb­bero ad essere con­si­de­rato stra­niero in patria? Nel Paese dove è nato e cre­sciuto? Un invi­si­bile? Cosa cam­bia? Sei invi­si­bile per 16 anni invece che per 18? Mah.
Ti ricordi la let­tera della pic­cola Lamiaa Zilaft [clicca qui] che ci ha tanto com­mosso, Gra­ziano? L’ha letta anche a Roma, dove poi sei andato anche tu. Pensi che lei e i suoi geni­tori siano soddisfatti?
Come tu sai bene, caro Gra­ziano, ci sono 200 mila firme per lo «ius soli». Hai con­tri­buito anche tu a rac­co­glierle con grande impe­gno e deter­mi­na­zione. E sai che in Par­la­mento giace da anni una pro­po­sta di legge di ini­zia­tiva popo­lare di riforma della cit­ta­di­nanza per la quale la cam­pa­gna «L’Italia sono anch’io», di cui tu sei stato il prin­ci­pale testi­mo­nial poli­tico, ha rac­colto ben 200mila firme, che pre­vede sì uno ius soli tem­pe­rato, ma con­di­zio­nato sol­tanto alla resi­denza di uno dei geni­tori da almeno un anno.
Sai inol­tre, caro Gra­ziano, che la com­pe­tente Com­mis­sione della Camera, dopo varie audi­zioni di orga­niz­za­zioni sociali che sul tema lavo­rano sta lavo­rando a un testo uni­fi­cato da por­tare in Aula.
Insomma, che ce ne fac­ciamo di una legge che, di fatto, non riforma l’attuale nor­ma­tiva sulla cittadinanza?
Non valeva che il tuo amico Mat­teo facesse un annun­cio in meno, — o magari lo facesse senza fretta, tra qual­che mese, — ma annun­ciando qual­cosa di real­mente signi­fi­ca­tivo? O mi sba­glio io? A pro­po­sito, se per caso non l’hai ancora fatto, ti allego qui di seguito la let­tera di Lamiaa.
Fagliela leg­gere, a Mat­teo. Ciao e buon lavoro.
Giu­seppe Caliceti 

[5 novembre 2014] Caro Giu­seppe,
non ho dimen­ti­cato la nostra bat­ta­glia e tutti gli amici dell’Italia sono Anch’io. Non mi stan­cherò mai di leg­gere e di far leg­gere la let­tera di Laa­mia. Soprat­tutto non abbiamo messo nel cas­setto i volti e le sto­rie di tanti che ci hanno chie­sto di far diven­tare que­sto paese la loro patria non solo di fatto ma anche di diritto. Il governo, come pro­messo dal pre­si­dente Renzi, vuole com­piere que­sto passo.

È pre­sto per dirsi delusi sulla legge di cit­ta­di­nanza che andrà in discus­sione subito dopo le riforme elet­to­rali e costituzionali.
Intanto è bene chia­rire che la sin­tesi tra le pro­po­ste di legge in campo deve ancora essere fatta e che la posi­zione del governo espressa da Mat­teo Renzi è tutt’altro che distante dalla strada che abbiamo per­corso insieme.
Certo che ho ben pre­sente per che cosa ci siamo impe­gnati e che cosa abbiamo fatto insieme con L’Italia sono Anch’io: ci siamo impe­gnati anche noi per uno «ius soli tem­pe­rato» che è diverso da uno «ius soli puro», un diritto che per­metta di essere cit­ta­dino a chi è nato in Ita­lia da geni­tori legal­mente resi­denti da almeno un anno e per chi non vi è nato, ma arri­vato mino­renne, di diven­tarlo da mag­gio­renne con diverse pos­si­bi­lità, tra cui quella di aver ter­mi­nato un ciclo di studi, che non abbiamo inteso come l’intero ciclo dell’obbligo.
Le pre­messe, che tu hai ricor­dato, sono state e sono con­di­vise. Abbiamo soste­nuto la cam­pa­gna per rifor­mare la legge per­ché sap­piamo, ed è ormai domi­nio comune, che le ragazze e i ragazzi di ori­gine stra­niera e che vivono in Ita­lia sono ita­liani a tutti gli effetti, tranne che nei diritti.
Sono con­vinto anche io che l’ottenimento della cit­ta­di­nanza al ter­mine del ciclo dell’obbligo, a 16 anni, non rap­pre­senti asso­lu­ta­mente il cam­bio di passo neces­sa­rio. Sape­vamo, quando abbiamo pro­mosso e soste­nuto la nostra cam­pa­gna, molto dif­fi­cile, che non lo face­vamo solo per testi­mo­nianza e che saremmo stati pronti a soste­nere il par­la­mento in una media­zione che sal­va­guar­dasse comun­que i prin­cipi car­dine della nostra pro­po­sta per dare rispo­ste digni­tose ai nativi e ai non nativi.
Siamo solo all’inizio della parte più impor­tante del nostro cam­mino per cam­biare il diritto di cit­ta­di­nanza; oggi ci sono tanti in par­la­mento che hanno fatto con noi la bat­ta­glia e che la con­ti­nue­ranno a fare. Io sarò al loro fianco come sempre.
Non ho cam­biato idea. Spe­riamo di non delu­dere voi e tutti quei ragazzi che si sen­tono e sono italiani.
Gra­ziano Delrio 

[5 novembre 2014] Caro Gra­ziano,
gra­zie della rispo­sta. Mi fa pia­cere che tu non abbia dimen­ti­cato la nostra bat­ta­glia comune e tutti gli amici e le asso­cia­zioni coin­volte nella cam­pa­gna L’Italia sono anch’io. Forse hai ragione tu: è pre­sto per dirsi delusi della legge di cit­ta­di­nanza. E senz’altro la spe­ranza, anche la mia, è l’ultima a morire.
La delu­sione nasce sem­pre da aspet­ta­tive sba­gliate, si dice.
D’altra parte, non mi pare siano aspet­ta­tive del tutto cam­pate in aria: il testi­mo­nial poli­tico numero uno di quella cam­pa­gna, tu, è ora al governo, è mini­stro, — è il brac­cio destro del capo del governo, come si dice, — per­ciò credo che sia legit­timo aspet­tarsi qual­cosa di più.
Come fanno Lamiaa e la sua fami­glia e tutti i bam­bini, i ragazzi e le fami­glie come la sua, a non sen­tirsi delusi per l’annuncio di un governo che rende invi­si­bili i bam­bini nati in Ita­lia da geni­tori stra­nieri per ben 16 anni, invece che per 18 come ora?
Caro Gra­ziano, ci scrivi di non essere delusi e con­tem­po­ra­nea­mente ti dici con­vinto che «l’ottenimento della cit­ta­di­nanza al ter­mine del ciclo dell’obbligo, a 16 anni, non rap­pre­senti asso­lu­ta­mente il cam­bio di passo necessario».
Dun­que? Chi lo deve fare que­sto cam­bio di passo che, come tu sot­to­li­nei, è ormai neces­sa­rio? Scrivi: «Abbiamo soste­nuto la cam­pa­gna per rifor­mare la legge per­ché sap­piamo che le ragazze e i ragazzi di ori­gine stra­niera e che vivono in Ita­lia sono ita­liani a tutti gli effetti, tranne che nei diritti». Ripeto: dun­que? Chi deve dar­glieli que­sti diritti?
Aggiungi: «Siamo solo all’inizio della parte più impor­tante per cam­biare il diritto di cit­ta­di­nanza; oggi ci sono tanti in par­la­mento che hanno fatto con noi la bat­ta­glia e che la con­ti­nue­ranno a fare. Io sarò al loro fianco come sem­pre. Non ho cam­biato idea».
Tanti ita­liani hanno dato cre­dito a que­sto governo e, a parole, almeno sulla que­stione cit­ta­di­nanza, io credo ancora a ogni parola che tu dici e hai detto, Graziano.
Ma per­ché le parole non per­dano il loro signi­fi­cato più vero, come sai meglio di me, occorre che seguano i fatti.
E i fatti devono essere con­se­guenti alle parole che si sono dette, non devono essere altri fatti. E quei fatti devono acca­dere entro un tempo ragio­ne­vole. Altri­menti le parole, anche le più belle, rischiano di diven­tare vuote e inutili.
Li aspet­tiamo, quei fatti. Fatti, non annunci.
Per il bene dei tanti figli di immi­grati e, sono sicuro, anche di que­sto vostro governo.
Giu­seppe Caliceti

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