Realizzare nel cortile di una scuola un orto biologico, dove i
ragazzini possono unire i saperi scientifici, storici e geografici al
lavoro manuale, vuol dire tornare a usare le mani per scoprire il mondo.
Un ricordo
Quand’ero bambina mi piaceva restare all’aperto a giocare con la terra, i sassi, i rametti e le foglie. Nei pomeriggi dopo la scuola, assolto il dovere dei compiti, raggiungevo gli amici nella segheria del nonno, un luogo fantastico avvolto dall’intenso profumo del legno appena tagliato.L’orizzonte si apriva sui campi, dove noi saltavamo i fossi alla ricerca di fiori, insetti e rane, ci arrampicavamo sugli alberi e giocavamo a nascondino tra i tronchi accatastati all’aperto. Divertendoci abbiamo imparato a conoscere il nome delle piante, a distinguerne il colore, l’uso, la voce.
Poi all’imbrunire il rientro a casa felici, spesso con le ginocchia sbucciate, ma allora i genitori non ne facevano un dramma perché ci lasciavano liberi di avventurarci nei prati, nei cortili e nelle piazze per ore e ore. Oggi tutto è cambiato, ma forse qualcosa no.
Orti per conoscere il proprio corpo e riprendersi il tempo
Alcuni giorni fa, durante un’attività di laboratorio con la terra, ho rivisto la felicità e la spensieratezza della mia infanzia negli occhi dei bambini, intenti a dissodare con zappe, vanghe e rastrelli alcuni fazzoletti di terreno incolto, mettere a dimora semi di fiori, erbe aromatiche e ortaggi, annaffiare le zolle con la giusta quantità d’acqua.Il lavoro della terra regala ai bambini una grande gioia, il rispetto per la natura, le conoscenze dei cicli delle piante e delle stagioni, del modo di produrre il cibo e di alimentarsi correttamente senza creare rifiuti.
Realizzare nel cortile di una scuola un orto biologico, dove i ragazzini possono unire i saperi scientifici, storici e geografici al lavoro manuale, vuol dire tornare a usare le mani per scoprire il mondo. La terra, vissuta come via educativa, è un’ottima maestra: spezza i ritmi frenetici che sono entrati con prepotenza nelle nostre aule, ci insegna a rallentare e a rispettare i tempi naturali, a saper attendere in quest’epoca senza più tempi di attesa.
Può essere inoltre un’occasione per ritrovare la buona abitudine al fare consapevole, a riflettere e a documentare, secondo le regole della pedagogia induttiva che parte dall’esperienza e ritorna ad essa trasformandola in concetti e apprendimenti duraturi. I ragazzini di oggi, che sanno utilizzare con facilità il computer e muovono velocissimi il pollice per scrivere i messaggi al cellulare, spesso sono incapaci di usare bene le mani.
Adoperare con precisione semplici strumenti seguendo una regola e sperimentare in forma creativa diversi materiali li stimola ad esercitare la manualità, necessaria allo sviluppo di abilità oculo-manuali e di controllo del tono muscolare. Prendersi cura della terra e dei suoi elementi favorisce l’acquisizione di una maggiore confidenza con il proprio corpo, l’autonomia, l’autostima, l’equilibrio. “Se faccio capisco, se ascolto dimentico. O la scuola è un laboratorio dove insieme si elaborano saperi e cultura o è una palestra dove si addestrano le nuove generazioni”, scriveva Célestin Freinet.
Orti per la pace
Con l’obiettivo di educare alla cittadinanza attiva in tanti cortili delle nostre scuole sono nati gli orti didattici che uniscono la pratica alla teoria, recuperando abilità manuali perdute, e intrecciano scambi con la comunità: in ogni scuola si può trovare un papà o un nonno dal pollice verde disposti a dare una mano nella coltivazione. Il discorso vale anche nei confronti dei genitori immigrati, come racconta l’esperienza della rete degli orti di pace: un bellissimo esempio di educazione alla multiculturalità. Sulla scia delle numerose esperienze attuate in mezza Europa, anche in molte città italiane si stanno diffondendo gli orti urbani, piccoli appezzamenti di terra pubblici messi a disposizione dei cittadini per seminare e raccogliere i frutti. Un modo utile per coltivare il risparmio consumando prodotti sani e a chilometro zero, semplice per recuperare gli spazi urbani abbandonati al degrado, importante per stringere legami tra le generazioni.
Se i ricordi sono tracce del nostro viaggio che il tempo leviga in forme e misure diverse, un piccolo orto può aiutare i bambini di questa generazione tecnologica a ritrovare un contatto autentico con la natura e, attraverso essa, un profondo legame con la vita.
(Luciana Bertinato, La vita scolastica, 12 aprile 2014)
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