12 feb 2017

gramsci tra i banchi della guinea bissau (di cosimo quaratino)

Africa. Nell’arcipelago Bijagòs, in assoluta autonomia dalle autorità, 1500 studenti e 60 insegnanti promuovono un sistema scolastico autogestito e bilingue. Con un occhio alle teorie dell’intellettuale italiano e all’alfabetizzazione di massa di Fidel. E un obiettivo: sconfiggere la marginalizzazione economica

Mi dà il benvenuto: «E adesso andiamo a riposare un paio d’ore, bisogna aspettare l’alta marea, si parte all’alba». Mi accoglie così, padre Luigi, all’aeroporto di Bissau, con un saluto essenziale e un programma tassativo. Qualche ora dopo la canoa prenderà a galleggiare e i marinai potranno finalmente avviare il motore.
CI VORRANNO QUASI CINQUE ORE per arrivare a Bubaque, nell’arcipelago Bijagòs, ottanta isole di cui soltanto diciannove con alcuni piccoli villaggi di capanne. Sessantaquattro chilometri quadrati di foresta in mezzo al mare.
Padre Luigi Scantamburlo, missionario del Pime (Pontificio istituto per le missioni all’estero) vive nell’arcipelago dal 1975.

Arrivò qui che erano trascorsi appena due anni dalla liberazione della Guinea dal dominio coloniale portoghese e un anno dalla rivoluzione dei garofani a Lisbona. Nel 2013 andai a incontrarlo per la prima volta a Bubaque, lui mi aspettava al molo, notò una copia sgualcita de il manifesto che spuntava da una tasca della mia borsa e ricordò che quando era in seminario a Milano gli piaceva leggere questo giornale e che da ragazzo aveva anche diffuso l’Unità al suo paese, San Liberale di Marcon, vicino Venezia.


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Arcipelago Bijagòs, foto di Cosimo Quaratino
SUGGELLATA D’ISTINTO un’amicizia subito fraterna, ci mettemmo al lavoro per individuare il contributo che Work in Progress (WiP, la piccola Onlus con la quale da otto anni sono impegnato in Gambia e Guinea Bissau) avrebbe potuto mettere a disposizione dei programmi di Luigi e della sua Fondazione, operante per uno sviluppo consapevole del popolo bijagòs.
DA QUASI VENTI ANNI padre Luigi ha concentrato nel campo dell’istruzione il suo impegno sull’arcipelago. Con l’aiuto degli abitanti dei villaggi ha messo in piedi otto presidi scolastici, dalla primaria all’ultima classe della secondaria, nelle isole di Bubaque, Canhabaque, Imbone e Orangosinho.
Si tratta di scuole pubbliche e laiche, la loro autonomia formativa e gestionale dal claudicante sistema statale risponde alla scelta ostinata in favore del bilinguismo.
Dal 1986 al 1993 anche lo Stato favorì l’insegnamento del creolo guineense e del portoghese, poi la prima lingua fu cancellata dai programmi governativi di studio. Per Luigi, invece, la lingua madre deve essere promossa in quanto idioma unificante, parlato e scritto, di tutti i guineensi.
NEL SOLO ARCIPELAGO BIJAGÒS (trentamila abitanti) si parlano quattro varianti del bijago, così che soltanto il creolo guineense consente alle varie comunità di intrattenere relazioni. L’alternativa sarebbe un’alfabetizzazione egemonizzata dal portoghese e, in definitiva, la perdita dell’identità linguistica nell’intera regione.
Peraltro, la conoscenza del creolo è avvertita, fin dai primi gradi scolastici, come precondizione per apprendere più rapidamente lo stesso portoghese.
Luigi garantisce e perfeziona il suo sistema d’insegnamento bilingue in virtù di un vecchio accordo con il governo centrale. Tuttavia, nonostante le periodiche richieste, l’accordo non gli è stato più rinnovato.
«Pelle nera, maschere bianche», commenta malinconicamente padre Luigi citando il titolo di un celebre testo di Franz Fanon. E così sviluppa la sua attività praticando, è il caso di dire, l’obiettivo.

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Arcipelago Bijagòs, foto di Cosimo Quaratino
IN ASSOLUTA AUTONOMIA dalle autorità, sia statali sia missionarie. Gli studenti sono attualmente mille e cinquecento, gli insegnanti sessanta. Gli stipendi per questi ultimi non sempre arrivano e allora scatta la rete dell’autogestione.
I villaggi sostengono le scuole come possono, le famiglie in grado di farlo contribuiscono con poco più di un euro al giorno per alunno. Agli studenti più poveri padre Luigi riesce ad assicurare una borsa di studio annuale di duecento euro, grazie ai contributi di organizzazioni e di privati cittadini europei mediante la formula dell’adozione di bambine e bambini a fini educativi.
Luigi, dottore in linguistica e antropologo, ha redatto un dizionario creolo-portoghese di mille vocaboli e sta per pubblicare la seconda edizione di una grammatica creola. In queste settimane lavora a un libretto informativo destinato alle classi superiori sul rispetto fra le religioni, compresa ovviamente quella dei bijagòs fondata sul culto degli antenati e praticata dal 95% della popolazione dell’arcipelago.
ESTIMATORE del metodo Montessori, cita spesso l’esortazione gramsciana sull’importanza cruciale dell’istruzione e magnifica il programma di alfabetizzazione di massa lanciato da Fidel Castro già nel 1959 (nel corso di una messa celebrata nella parrocchia di Bubaque, Luigi ha voluto dedicare un ricordo allo scomparso leader cubano).
Oggi padre Scantamburlo sta progettando il debutto di un liceo politecnico. Fra le materie ci sarà anche l’insegnamento dell’agricoltura (orto e alberi da frutta) e dell’utilizzo del Gps nella navigazione.
Per il liceo bisognerà edificare nuove aule, il sito sarà lo stesso dell’attuale “Collegio Totocan”, frequentato da quattrocentotrenta studenti dall’elementare alla nona classe, organizzati in due turni, ciascuno dei quali con la mensa; il riso arriva nei sacchi del Programma alimentare mondiale (Pam).
Luigi considera che una formazione liceale orientata a conoscere per sapere, conoscere per essere, conoscere per fare possa contrastare la marginalizzazione delle tradizionali attività lavorative dei bijagòs: le colture e la pesca.

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Arcipelago Bijagòs, foto di Cosimo Quaratino
QUANDO SI APPRODA nelle diciannove isole abitate, salta subito agli occhi che gli alberi da frutta e persino le palme vengono abbattuti per fare posto a più redditizie piantagioni di cajou – l’anacardio – la cui domanda globale è in costante aumento.
SONO TORNATO QUI per apprezzare l’efficacia del progetto che Work in Progress nel 2014 innestò sui programmi scolastici di padre Luigi. Si cominciò mettendo a punto un corso di educazione alla salute e all’igiene di base. Un’azione formativa a cascata, prima per una decina di insegnanti, poi da questi ai loro colleghi, quindi lezioni indirizzate ad alunni e studenti.
Una volta erogata la prima fase e razionalizzato il materiale didattico, è stato redatto e stampato un manuale con il contributo anche economico di WiP. Così “Principios basicos sobre saude e doencas” è diventato libro di testo gratuito per le scuole di Scantamburlo. In questi giorni ne abbiamo intensificato la distribuzione alle scuole delle varie isole.
CENTOCINQUANTA PAGINE illustrate che trattano di igiene della persona e delle abitazioni, malattie infettive infantili, aids. E ancora, alimentazione, preparazione e conservazione degli alimenti, potabilizzazione dell’acqua, costruzione di latrine, vaccinazioni e corretto utilizzo di zanzariere.
La scommessa è che i ragazzi possano, con il loro esempio, trasferire alle rispettive famiglie le informazioni apprese.
Quando Luigi arrivò in Guinea Bissau, Amilcar Cabral – fondatore del Paigc (Partito africano per l’indipendenza della Guinea e di Capo Verde) nonché leader della lotta anticoloniale – era stato assassinato già nel gennaio del 1973, prima di assistere alla proclamazione del nuovo Stato.

FU UN MARCHIO OSCURO e disgraziato sulla neonata Guinea indipendente: l’omicidio aveva trovato quanto meno complicità nelle fazioni interne al Partito e la sua ombra si sarebbe proiettata sulla storia del paese fino a oggi, in forme più o meno violente e sciagurate.
Un primo golpe fu ordito nel 1980 con la deposizione di Louis Cabral, fratellastro di Amilcar, cofondatore del Paigc e presidente della repubblica. A seguire e per venti anni il paese visse sotto il comando di Augusto Viera, fino al 2009 quando anch’egli restò vittima di un attentato. Ci furono poi diversi golpe dell’esercito.
Dal 2012 al 2014 il governo fu assunto da un’amministrazione transitoria sostenuta dalla missione Ecomib della Comunità economica degli Stati dell’Africa Occidentale con il mandato di svolgere libere elezioni, cui prese parte il 60% della popolazione.
LA VITTORIA DEL PAIGC e l’elezione di Mario Vaz, tutt’ora presidente, non attenuarono tuttavia l’instabilità deludendo ben presto le speranze di una svolta. Vaz ha destituito uno dopo l’altro due primi ministri. Anche l’attuale capo del governo è stato sfiduciato dal presidente e da diversi mesi il parlamento è paralizzato.
Impossibile dire se e quando la Guinea potrà uscire dalla lunga e travagliata vicenda segnata da colpi di stato, violenze, corruzione e povertà.
OGGI SI È NEL MEZZO di un’altra fase assai precaria, la popolazione è stremata e non si possono escludere convulsioni violente. Alle tensioni dell’imbarbarimento istituzionale si sommano imponenti traffici di droga dal Sud America e una povertà estrema.
Il paese è stabilmente inchiodato al 178imo posto (su 187) nella graduatoria dell’Indice di sviluppo umano redatta dalle Nazioni Unite. La speranza di vita media è di 53 anni, un bambino su dieci muore prima di aver compiuto un anno di vita, l’alfabetizzazione è del 55%, appena undici posizioni sopra l’ultimo posto dell’Afghanistan.
Secondo le stime dell’Office on drugs and crime dell’Onu, quasi il 30% della cocaina annualmente consumata in Europa attraversa l’Africa Occidentale.
Ormai da anni la Guinea Bissau ha acquisito le sembianze di un autentico narco-stato. La capitale si trova a metà strada fra il Brasile e la Spagna, prima tappa europea della droga.
LA CONNIVENZA di larghi settori delle classi politiche e militari favorisce il traffico criminale, che a sua volta alimenta la corruzione. Tenuto conto che ogni anno transitano in Guinea da 60 a 70 tonnellate di coca e che il valore di una tonnellata è di circa 13 milioni di dollari, si stima che un milione di dollari l’anno foraggi lautamente i corrotti.
Il capo della Marina, quello dell’esercito e anche un ex presidente della repubblica sono stati indagati dall’agenzia americana Drug enforcement administration; il primo è stato infine arrestato e processato negli Stati Uniti.
IL TERRITORIO della Guinea Bissau è piccolo ma difficile da presidiare, soprattutto nelle propaggini insulari dell’arcipelago Bijagòs. Il paese è dirimpettaio del Brasile, laddove la distanza fra Sud America e Africa (più precisamente, fra Fortaleza e l’isola di Bolama) è la più breve.
Si tratta quasi della medesima rotta che, in senso contrario, fu percorsa agli inizi del 1931 da una squadriglia di undici idrovolanti al comando di Italo Balbo.
A Bolama si trova ancora un monumento fatto erigere dal gerarca, già quadrumviro della marcia su Roma, a ricordo della trasvolata atlantica, che celebrò il primo decennale del Partito nazionale fascista.
PER UN BREVE PERIODO quella rotta è stata sabotata dai militari guineensi con la distruzione della pista d’atterraggio a Bolama. Dopodiché gli aerei del narcotraffico presero per qualche tempo ad atterrare su un’isola più lontana dalla costa. Oggi la droga arriva senza tregua sui banchi di sabbia dell’arcipelago Bijagòs, stivata in grossi contenitori stagni paracadutati da velivoli provenienti dal Brasile.
Alla vigilia della partenza dalle isole sono costretto a cancellare una visita a Bolama per via delle cattive condizioni del mare. Così l’ultima mattinata la passo nel piccolo studio di Radio Bijagòs, emittente di musica e notizie dell’arcipelago.
La radio è sostenuta da padre Luigi, ma non è una voce confessionale… «L’autentica liturgia è quella che si fa con l’impegno di ogni giorno», dice Luigi. E mi fa intervistare, presentandomi al direttore come un amico de il manifesto. Al che sorprendentemente il direttore mi chiede di portare i saluti di Radio Bijagòs al «giornale comunista». E io volentieri li giro ai lettori.
Cosimo Quaratino, il manifesto, 12 febbraio 2017

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