Riportiamo l’intervento di Maurizio Parodi, dirigente scolastico e ideatore di Basta Compiti!, sullo stress degli adolescenti italiani a scuola. Maurizio
Parodi sarà ospite di Terra Nuova il 13 novembre 2016 all’interno dello
spazio tematico che la casa editrice avrà nell’ambito della
manifestazione Modena Benessere
«Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, gli adolescenti
italiani sono stressati dal carico di lavoro degli studi e hanno un
pessimo rapporto con la scuola (meno entusiasti risultano solo estoni,
greci e belgi).
Si tratta di un “sintomo” preoccupante (tant’è che lo segnala, appunto,
l’OMS), per gran parte riconducibile alla richiesta di un impegno
extrascolastico soverchiante.
Va anche detto che, lo stress colpisce la famiglia nel suo insieme:
molta parte dei conflitti, dei litigi (le urla, i pianti, le punizioni…)
che avvengono tra genitori e figli riguardano lo svolgimento, meglio il
tardivo o il mancato svolgimento dei compiti, quando sarebbe invece
essenziale disporre di tempo libero da trascorrere insieme, serenamente.
Gli studenti italiani sono, infatti, eccezionalmente oberati di
“compiti”, come risulta dalle rilevazioni Ocse Pisa: 9 ore a settimana
(ma è una stima per difetto, come può confermare qualsiasi studente:
l’impegno quotidiano raramente è inferiore alle 3 ore, per un totale che
supera le 20 ore settimanali), rispetto alle 3 di Finlandia e Corea,
Paesi ai vertici delle classifiche internazionali per competenze e
conoscenze.
Lo stesso rapporto evidenzia come dopo circa quattro ore la settimana di
compiti (cioè poco più di mezzora al giorno), il tempo in più investito
sui libri ha effetti trascurabili sulla performance.
Si pensi che persino nelle scuole a tempo pieno, dopo 8 ore di lavoro, a
nostri bambini di 6-11 anni, sono assegnati compiti tutti i giorni e
nel week end.
A questo impegno estenuante, corrispondono risultati sconcertanti.
Il nostro Paese è in fondo alla graduatoria nelle competenze alfabetiche
(competenze, riferisce lo studio, “fondamentali per la crescita
individuale, la partecipazione economica e l’inclusione sociale”). In
una scala che va da zero a 500; il punteggio medio degli adulti italiani
è pari a 250, contro una media Ocse di 273. Numeri ancora più bassi se
si considerano i Neet, i giovani che non studiano e non lavorano, a cui è
attribuito un punteggio medio di 242.
Un quindicenne su quattro è pressoché analfabeta in matematica, non è in
grado di risolvere problemi elementari, al massimo sa compiere
operazioni semplici.
Secondo il rapporto dell’Ocse-Pisa dal titolo «Low performing students»,
l’Italia rimane uno dei sistemi scolastici europei più disastrosi:
peggio di noi fanno Grecia e Portogallo. E non è solo la matematica lo
scoglio insuperabile per i ragazzi: uno studente su cinque è pressoché
analfabeta in senso tecnico, cioè non sa leggere, e uno su 6 è
gravemente insufficiente in scienze.
Risulta, sempre dagli studi dell’Ocse, che siamo ultimi in Europa per
capacità di compensare le diseguaglianze culturali tra ricchi e poveri.
Fanno meglio di noi anche Romania, Bulgaria e Ungheria.
In altre parole, il vero motore del successo formativo degli studenti è la condizione economico-culturale delle famiglie
In altre parole, la scuola non funziona come “ascensore sociale”, è
diventata un moltiplicatore di diseguaglianze: promuove gli studenti di
famiglie colte e abbienti.
In altre parole, la scuola serve a chi ne ha meno bisogno; funziona come
l’ospedale al contrario di cui parlava don Milani: cura i sani e
“respinge” i malati.
In altre parole, si aggrava il carattere censitario di un servizio che
dovrebbe garantire pari opportunità e semmai aiutare chi sia in
difficoltà.
Non va meglio per quanto riguarda la dispersione scolastica.
Uno studente italiano su tre abbandona la scuola superiore senza aver
completato i cinque anni. Un dato che in alcune regioni, come le isole,
sale al 35–36 per cento.
Una vera e propria emorragia tra le mura e i banchi delle scuole
italiane, che prosegue silenziosa e inosservata. Negli ultimi 15 anni
quasi 3 milioni di ragazzi italiani iscritti alle scuole superiori
statali non hanno completato il corso di studi. Si tratta del 31,9 per
cento dei circa 9 milioni di studenti che hanno iniziato in questi tre
lustri le superiori nella scuola statale. Facendo i calcoli è come se
l’intera popolazione scolastica di Piemonte, Lombardia e Veneto non ce
l’avesse fatta.
Nel 2011/12 si sono persi 7.800 allievi, afferma l’Annuario Statistico
dell’Istat. La tendenza negativa è al quarto anno consecutivo. La
Commissione europea ci riporta alla nostra difficile realtà: l’Italia è
tra le peggiori cinque d’Europa (su 28) per abbandoni: lasciano i banchi
troppo presto il 17,6% di alunni contro la media Ue del 12,7%. Insomma
c’è sempre meno voglia di andare a scuola, sono sempre di meno quelli
che ci credono, e sono sempre di più gli studenti che dalla scuola sono
“respinti”.
Ricapitolando. La scuola italiana eccelle per:
• la mole, abnorme, di compiti che assegna;
• lo stress, usurante, che procura agli studenti e alle loro famiglie;
• il livello, desolante, di ignoranza, incompetenza, analfabetismo funzionale degli adolescenti (ma anche dei diplomati)
• l’incapacità, scandalosa, di compensare le diseguaglianze di partenza (anzi, le aggrava);
• il tasso, riprovevole, e stigmatizzato dalla Commissione europea, di
dispersione (abbandono, mortalità) che ne evidenzia il carattere
censitario.
In attesa dell’ennesima riforma epocale, di un qualche intervento di
ingegneria istituzionale o di altri provvedimenti salvifici, variamente
invocati, si potrebbe cominciare dalla cosa più semplice, di immediata
fattibilità: visto che la scuola che assegna più compiti ottiene questi
drammatici risultati, perché non provare a ridurli drasticamente o
eliminarli, quanto meno nella scuola “dell’obbligo”, come già avviene in
Paesi pedagogicamente più evoluti, come la Finlandia. Da noi alcuni
insegnanti già lo fanno; sicuramente i quasi 300 iscritti al gruppo
facebook: “Docenti e Dirigenti a Compiti Zero”) che sostengono la
Campagna: “Basta compiti!”: più di 20 mila firma, sulla piattaforma
change.org
(https://www.change.org/p/genitori-docenti-dirigenti-scolastici-campagna-basta-compiti).
Primum non nocere!
Non è sicuramente la panacea, non si risolvono così i tanti mali che
affliggono la scuola, ma è certo che si ridurrebbe la mortalità
scolastica e si procurerebbe sollievo a chi di questi mali più soffre».
Maurizio Parodi
Pubblicato il
23 ottobre 2016 dal sito Tutta un'Altra Scuola
http://www.tuttaunaltrascuola.it/
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