11 giu 2015

i bambini ci parlano: sulla classe multietnica (di g. caliceti)

Nella let­tura di oggi si parla di una classe di bam­bini simile alla nostra. Mi dite le somi­glianze…
«Una somi­glianza è che è una classe di bam­bini e bam­bine come noi». «È una classe di bam­bini che si chia­mano in modo diverso, come noi. Anche se da noi ci sono due Sofia». «Per­ché anche loro vanno a scuola». «Poi nella classe ci sono dei bam­bini col colore della pelle e anche gli occhi un po’ diversi. Anche gli occhi». «Per­ché in quella classe ci sono dei bam­bini e delle bam­bine che non sono ita­liani». «È vero, hanno la pelle nera o anche gial­lina». «Anche da noi ci sono dei bam­bini che hanno i geni­tori che sono nati fuori dall’Italia, ma noi bam­bini siamo tutti nati in Ita­lia». «Ave­vano anche i capelli diversi». «Da noi abbiamo dei bam­bini inter­na­zio­nali e anche lì in quella classe c’erano bam­bini internazionali».

Nella let­tura si diceva che è più bello avere amici di tanti colori invece che amici tutti uguali, tutti nati nello stesso Paese… Voi cosa ne pen­sate?
«Anche a me piace di più avere degli amici un po’ diversi per­ché se poi siamo tutti uguali, sem­pre tutti uguali, alla fine è un po’ noioso». «Se hai amici che ven­gono da paesi diversi, da paesi lon­tani, hai una classe più inter­na­zio­nale. Come le squa­dre di cal­cio più forti». «Poi se hai amici diversi ti sem­bra che anche se sei sem­pre fermo a scuola, un po’ stai viag­giando per il mondo ed è bel­lis­simo». «Anche a me piace avere degli amici maschi e fem­mine di tutti i colori per­ché si fanno dei gio­chi più diver­tenti. Basta però che non vogliono sem­pre coman­dare loro». «A me piace di più se siamo a gio­care solo noi fem­mine, senza altri bam­bini». «Però noi abi­tiamo tutti nello stesso paese, mae­stro. Per­ciò siamo diversi ma un po’ siamo uguali». «E’ bello avere amici di tanti paesi per­ché ti pos­sono rac­con­tare delle curio­sità dei loro paesi, delle favole diverse, delle reli­gioni, dei gio­chi”. “Io da grande voglio andare a vivere in tutti i paesi del mondo, se riesco».

Ci sono anche dif­fi­coltà a vivere insieme a bam­bini che ven­gono da Paesi diversi? Con delle abi­tu­dini diverse?
«Forse, se lui non è nato qui in Ita­lia e non ha fatto l’asilo qui, lui non parla ita­liano. Allora biso­gna inse­gnar­gli a par­lare ita­liano». «Forse non sa i nostri gio­chi allora biso­gna far­gli vedere come si gioca a lupo-ghiaccio». «Per me, se lui è intel­li­gente, non ci sono pro­blemi per­ché lui è un bam­bino come tutti gli altri e per­ciò impara tutto subito». «Anche per me non ci sono pro­blemi per­ché poi i suoi amici lo aiu­tano». «Forse lui è monello, non so… Per­ché se lui è monello ci sono dei pro­blemi». «Forse lui è povero e allora biso­gna com­prar­gli i qua­derni e le matite, ma non costano molto». «Per me non ci sono pro­blemi per­ché lui vuole stare con noi». «Anche nella nostra classe ci sono dei bam­bini che sono nati qui in Ita­lia e i loro geni­tori no, i suoi geni­tori sono nati in Africa, in Egitto, in India, a Salerno, ma anche loro sono intel­li­genti». «Io ho visto che i bam­bini indiani hanno un sac­chet­tino sulla testa dove ci met­tono den­tro i capelli per­ché loro, gli indiani, si fanno cre­scere i capelli lun­ghi anche se sono dei maschi. Però si ver­go­gnano un po’ che sono così lun­ghi. Per que­sto, mi sem­bra, li nascon­dono nel sac­chet­tino». «Per me tra bam­bini non ci sono dif­fi­coltà se tutti rispet­tano le regole del cal­cio e sanno gio­care bene a calcio».

E per le mae­stre ci sono dei pro­blemi?
«Forse un po’ per­ché devono inse­gnare a un bam­bini che non sa par­lare in ita­liano come si scrive in ita­liano e per lui, per quel bam­bino o quella bam­bina che non sanno par­lare, è più dif­fi­cile anche scrivere».

(Giuseppe Caliceti, il manifesto, 11 giugno 2015)

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