La Buona Scuola. I dubbi dei docenti della scuola Falcone di Palermo: “Soldi dai privati? Chi volete che investa su di noi”
(Emanuele Lauria, la Repubblica, 5.5.2015)
(Emanuele Lauria, la Repubblica, 5.5.2015)
La
cancellata, costata 200 mila euro, ha già più buchi di una gruviera. E
attraverso quei varchi entrano e escono i ragazzini dello Zen 2. La
preside che la riforma vorrebbe trasformare in sceriffo oggi è
semplicemente un vigile. Disciplina quel traffico “abusivo” di alunni
che, come ogni pomeriggio, invade i campetti della scuola. «Sì, non ci
potrebbero stare. Ma meglio qui che per le strade del quartiere», dice
la professoressa Daniela Lo Verde, punto di riferimento di questo
istituto di frontiera. Lei li chiama per nome e li bacia tutti, i suoi
alunni. «Per me sono figli», dice. E lo afferma senza retorica: «Li
difenderò da tutto, anche da una riforma che non può non destare
preoccupazione».
Il
plesso «Giovanni Falcone», 650 allievi divisi fra scuola dell’infanzia,
primaria e secondaria, da ieri è di nuovo simbolo. Non per la stoica
azione di resistenza a decine di raid vandalici che nel 2012 fu
testimoniata dalla visita dell’allora ministro dell’Istruzione Francesco
Profumo. Ma per il rango di vittima predestinata del disegno di legge
sulla buona scuola, cui l’ha elevato il segretario della Cgil Susanna
Camusso: «Le risorse che ci sono vanno a chi primeggia e degli istituti
di Scampia e dello Zen che ne facciamo?». Parole alle quali ha replicato
il sottosegretario Davide Faraone, che peraltro è nato da queste parti:
«Non premieremo le scuole più ricche ma quelle che fanno bene». Dietro
la sua scrivania, la preside Lo Verde è perplessa: «Dobbiamo intenderci
su cosa significa fare bene. L’importante è il parametro di valutazione.
Non conta il risultato in assoluto, il confronto con realtà meno
povere. Conta quanta strada fai. Insomma, da noi arrivano bimbi che,
prima ancora di imparare a scrivere, devono capire l’italiano. Ho
ragazzi di 18 anni che fanno la terza elementare e giovani dai 22 ai 26
anni che affrontano la licenza media senza avere completato la scuola
primaria». Una riforma che apre ai privati, attraverso il 5 per mille o
donazioni ai singoli istituti, non piace. «Ma chi investirà mai su di noi? Genitori
disoccupati o nei guai con la giustizia? Sa quante, delle 650 famiglie
chiamate a dare un contributo volontario da 10 euro, hanno pagato
quest’anno? Una. Sì, una. Io dico: va bene il sostegno dei privati ma
che i fondi vadano in un capitolo unico, gestito dal ministero. Che poi
valuterà al meglio le esigenze di tutti. Senza diseguaglianze ». Poco
distante Giuseppe Noto, insegnante di sostegno, annuisce: «Si vuole
disegnare una scuola all’americana. Ma l’America è lontana dalle insulae
dello Zen. E noi siamo impauriti. Lo scriva: impa- u-ri-ti». La
preside, dietro la sua scrivania, ha due buste. Le ha portate entrambe
da casa: in una ci sono giocattoli per i bambini, nell’altra vestiti da
donare ai genitori bisognosi. «I professori, qui, sono qualcosa di più
di semplici docenti: sono padri, madri, assistenti sociali, badanti. A
me, della riforma, piace l’attenzione che si vuole dare alla formazione,
all’insegnamento dell’inglese come delle attività motorie. Ma
all’aspetto, diciamo così, psicologico degli insegnanti chi ci pensa? E
non posso essere io, da preside, a selezionare il mio corpo docente. Sa
quante pressioni avrei?».
La
storia della “Falcone” è la storia di un piccolo miracolo. Un’oasi che
ha resistito alle “intemperie” esterne: qui, a disposizione dei ragazzi
dello Zen, ci sono tre campi sportivi, una pista di atletica, due
palestre. E un auditorium dove diffondere la cultura della legalità. «E
non sa quanto è difficile spiegare a un ragazzino che lo Stato è buono
all’indomani dell’arresto del padre...», dice il professore Noto.
Qualcosa sta cambiando, anche se è un cammino balbettante: gli atti di
vandalismo sono diminuiti, ma alcuni segnali fanno capire che la via è
ancora lunga. Il 18 luglio scorso, alla vigilia dell’anniversario di via
D’Amelio, è stato bruciato un tavolo del giardino. E, su consiglio dei
“grandi”, è stata disertata una recente iniziativa organizzata a scuola
dai carabinieri. Perché? Qualche giorno prima il quartiere era stato
rastrellato dalle forze dell’ordine ed era stato fermato un ragazzo
accusato di un omicidio in una discoteca. In questo scenario, la
priorità chiesta dalla preside è quella «di tenere i bambini a scuola il
più a lungo possibile». Per ora un progetto della Regione garantisce la
frequenza pomeridiana solo per un giorno a settimana. «Abbiamo chiesto il tempo prolungato per due classi ma non ci sono fondi»,
ancora la Lo Verde. Il budget annuale per questa affollata scuola di
trincea è appena di 15 mila euro. E nessuno ha trovato le risorse per
garantire il servizio di guardiania: c’è un appartamentino
ristrutturato, non c’è il custode nella scuola più vandalizzata
d’Italia. La riforma, in quest’angolo di Paese, sarebbe garantire
l’ordinario: «Io sciopererò per questo. Solo per questo, Ma mi creda,
non è poco», dice la preside. Prima di accompagnare fuori dall’istituto,
attraverso il buco di un cancello, l’ultimo alunno.
(Emanuele Lauria, la Repubblica, 5.5.2015)
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