Dalla newsletter Scuola News di Legambiente (n. 93 – aprile 2015) una riflessione sul DDL 2994 “Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti”, in questi giorni all’esame del Parlamento.
I lavori parlamentari possono essere seguiti in diretta “minuto per minuto” sul sito latecnicadellascuola.it
- Il testo del DDL 2994 presentato il 27 marzo 2015 [clicca qui]
- Il testo del DDL 2994 con le modifiche della VII Commissione Camera dei Deputati del 13 maggio 2015 [clicca qui]
1. La scuola mobilita il Paese
La
reazione che sta avendo il nostro Paese intorno alla riforma della
scuola dimostra quanto questo sia un tema sensibile nella percezione
sociale soprattutto in un momento di crisi in cui si avverte il bisogno
di investire e rilanciare. La scuola è l’istituzione più legata al
concetto di rinascita e di futuro e soprattutto in un paese così avaro
di opportunità per i giovani, l’unica agenzia che promuove
esplicitamente la loro formazione. Il Disegno di Legge attualmente in
discussione in Parlamento proposto dal governo non è una riforma della
scuola che ne rideclina le coordinate culturali, piuttosto una serie di
provvedimenti, molti di carattere amministrativo, che regolamentano il
funzionamento principalmente dell’autonomia scolastica.
Come Legambiente Scuola e Formazione abbiamo seguito l’evolversi di questa proposta dal lancio del documento La buona scuola, a cui abbiamo dato un nostro contributo con il documento “La Scuola Cambia se …” [clicca qui], proseguendo
con una proposta di merito rispetto ai punti sensibili del DDL
articolata nel documento “La scuola che cambia il Paese” [clicca qui]
elaborato con altre trentuno organizzazioni della società civile
rappresentative di studenti, insegnanti, genitori e sindacati.
Perché non va bene questo DDL
Dopo le buone intenzioni de La buona scuola che
pur conteneva le giuste parole d’ordine, abbiamo assistito ad una
montagna che ha partorito il topolino. Il topolino in questione è il DDL
2994, contro il quale lo scorso 5 maggio hanno scioperato 600mila
lavoratori della scuola accompagnati da genitori e studenti, che non
contiene traccia esplicita di quella che è stata la consultazione
“popolare” promossa da Renzi, ma soprattutto che non intacca alcuni
forti limiti per cui oggi la scuola italiana va riformata e
profondamente cambiata. Il primo, è il superamento delle disuguaglianze
territoriali, sociali e individuali per cui la scuola dovrebbe avere un
ruolo contenitivo e compensativo, a cui non riesce più ad assolvere. I
fenomeni che questo genera sono la dispersione scolastica e una
formazione insoddisfacente della media degli studenti che escono dal
ciclo di istruzione privi di alcune competenze fondamentali per la
propria
vita di cittadini e di lavoratori. Le contestazioni sull’articolo del
DDL che dà la possibilità anche alle istituzioni scolastiche di essere
soggetti che possono concorrere al 5x1000, è l’esempio più evidente di
questo rischio di allargamento della forbice delle disuguaglianze: i
contribuenti possono fare la donazione alle singole scuole e non ad un
fondo unico nazionale, come sarebbe più equo. Le conseguenze saranno
quelle di avere scuole che insistono in aree socio economiche più
avvantaggiate che distaccheranno sempre di più in opportunità e strumenti quelle scuole che soffrono elementi di
debolezza di contesto.
Il
secondo, è il modello di funzionamento della scuola non orientato alla
cooperazione ed alla collegialità, ma alla valorizzazione del contributo
individuale del docente e all’autorità del dirigente scolastico. Come
si potrà valutare il contributo del singolo in un processo come quello
educativo al quale se si vogliono risultati positivi debbono concorrere
una pluralità di soggetti e di ruoli? La scuola così come è non va e
deve essere cambiata, ma uno degli ostacoli è superare la solitudine di
chi insegna e di chi impara per ricostruire una comunità che apprende
con tempi, modi e luoghi organizzati in maniera diversa, aperta al
territorio ed inclusiva. Il DDL va in un’altra direzione e mette al
centro una attuazione dell’autonomia scolastica che pare irrigidire il
sistema invece di aprirlo.
La
figura del preside “prefetto” mette in mano alla discrezionalità di
un’unica figura questioni estremamente delicate e soggette ad ingerenze
come le assunzioni, la libertà d’insegnamento, le premialità, la scelta
del piano dell’offerta formativa e dei soggetti che concorrono a
realizzarla. L’attribuzione di questi poteri cambia profondamente la
natura relazionale fra dirigente e docenti, mettendo a rischio l’equità e
l’obiettività delle decisioni proprio perché personalizzate e non
affidate ad un processo in cui il dirigente deve fungere da
facilitatore.
Cosa chiediamo
La
mobilitazione intorno alla riforma si tenta di rappresentarla come uno
scontro sindacale e corporativo, ma in realtà per quanto ci riguarda, è
culturale. Per i motivi descritti sopra questa riforma risponde a
domande sbagliate. Per questo la cosa che chiediamo è di stralciare dal
DDL tutti quei provvedimenti amministrativi necessari per sbloccare con
un veloce decreto situazioni di empasse come i fondi relativi
all’edilizia scolastica e di diritto, come le giuste assunzioni dei
precari per far partire regolarmente il prossimo anno scolastico, ma di
darci più tempo su tutto il resto.
Grazie
alla mobilitazione sociale e ai contributi di merito che sono stati
portati da molti soggetti il DDL ha già subito diversi miglioramenti in
Commissione Istruzione, a un testo che in alcuni passaggi risultava
imbarazzante per l’approssimazione con cui era scritto. Ma non basta, va
ripensato e condiviso l’intero impianto.
Oggi
il governo può contare su un’attenzione sociale che non è un fardello,
ma una opportunità per costruire con il mondo della scuola e con
l’intera comunità nazionale una condivisione sugli obiettivi e sui
processi educativi ed organizzativi da costruire per una scuola moderna
ed inclusiva. Per questo serve più tempo per ascoltare, serve una grande
convocazione autunnale che metta i soggetti a confronto non solo sui
temi del DDL, ma su un impianto più complessivo che tocchi anche materie
che il governo in un primo momento voleva farne oggetto di delega, come
il sistema di valutazione, la riforma degli organi collegiali, il
diritto allo studio.
Documenti
- Comunicato stampa del 28 aprile 2015 [clicca qui]
- La scuola che cambia il paese [clicca qui]
(da LEGAMBIENTE SCUOLA NEWS, N° 93 – aprile 2015, La newsletter dell’associazione professionale Legambiente Scuola e Formazione)
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