Che la crisi ci sia non lo nega nessuno. Il problema è chi la paga. In Italia sembra che tocchi, tanto per rimanere in tema, alla cultura, all'università, all'istruzione, agli insegnanti, agli studenti, ai disabili. E non solo: ai pensionati, ai lavoratori dipendenti, ai precari, ecc..., insomma ai soliti noti.
Ci sono invece delle categorie che pagano mai. Oltre ai grandi patrimoni, alle grandi rendite finanziarie, nel nostro paese escono indenni dalla crisi i militari e i loro giocattoli da guerra.
La legge di stabilità (il nuovo nome della finanziaria) prevede per il 2011 una spesa militare di oltre 20 miliardi e 600 milioni, 200 milioni in più rispetto alla previsione dell'anno precedente. Insomma si massacra la scuola e si salvano i generali.
In altri paesi (ad esempio in Gran Bretagna o in Germania, paesi a guida centro-destra), si tagliano le spese militari: il conservatore David Cameron ha appena annunciato un taglio dell'8% (in quattro anni sarà di circa 5 miliardi e 300 milioni di euro), Angela Merkel si prepara a risparmiare ben 8 miliardi e 300 milioni di euro in quattro anni.
In Italia, invece, aumentano le spese per i sistemi d'arma. Pensiamo al famigerato caccia bombardiere «F-35» i cui costi faranno strabordare nei prossimi anni il bilancio della difesa. Il Governo italiano procede nella produzione di 131 cacciabombardieri Joint Strike Fighter che impegneranno il nostro paese fino al 2026 con una spesa di oltre 15 miliardi di euro.
In un momento di grave crisi economica in cui non si riescono a trovare risorse per gli ammortizzatori sociali, per i disoccupati e vengono tagliati i finanziamenti pubblici alla scuola, all'università e alle politiche sociali, destinare 15 miliardi di euro alla costruzione di 131 cacciabombardieri è una scelta sbagliata e incompatibile con la situazione sociale del paese.
Di fronte alla crisi si devono mettere al primo posto i diritti dei lavoratori, dei pensionati, delle famiglie, degli immigrati. Se si deve tagliare, cominciamo dalle spese militari e dai cacciabombardieri (e dai grandi patrimoni, dalle rendite finanziarie, ecc.) e non dalle scuole, dalle fabbriche, dagli ospedali.
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