Iqbal Masih nacque nel 1983 in una famiglia molto povera. A quattro anni fu venduto dal padre per pagare un debito di 12 dollari a un venditore di tappeti. Iqbal inizia a lavorare per più di dodici ore al giorno. E' uno dei tanti bambini che tessono tappeti in Pakistan; le loro piccole mani sono abili e veloci, i loro salari ridicoli, e poi i bambini non protestano e possono essere puniti più facilmente.
Un
giorno del 1992 Iqbal e altri bambini escono di nascosto dalla fabbrica di
tappeti per assistere alla celebrazione della giornata della libertà
organizzata dal Fronte di Liberazione dal Lavoro Schiavizzato (BLLF). Forse per
la prima volta Iqbal sente parlare di diritti e dei bambini che vivono in
condizione di schiavitù. Spontaneamente decide di raccontare la sua storia: il
suo improvvisato discorso fa scalpore e nei giorni successivi viene pubblicato
dai giornali locali. In breve il ragazzino diviene un simbolo della lotta
contro lo sfruttamento del lavoro minorile.
Grazie
a Iqbal, le autorità pakistane presero una serie di provvedimenti a tutela del
lavoro minorile, tra cui la chiusura di decine di fabbriche di tappeti.
Mori in circostanze mai del tutto chiarite nel 1995, all'età di dodici anni.
IL FILM - Iqbal è un ragazzino che vive in un villaggio in qualche parte del mondo ed ha imparato l'arte di annodare i tappeti con i raffinatissimi nodi detti Bangapur. Un giorno, per poter comprare le medicine al fratello ammalato di polmonite si lascia abbindolare da Hakeem, un viscido imbroglione che si offre di comprargli le medicine in cambio della realizzazione di un tappeto per il suo amico Guzman. In realtà Iqbal viene venduto all'uomo che, con la moglie, ha messo in piedi una produzione clandestina di tappeti in cui fa lavorare come schiavi bambini che non potranno mai più tornare alle loro case. Iqbal però non ha intenzione di fare quella fine.
Uno dei più importanti registi nel campo dell'animazione come Michel Fuzellier e un autore e produttore iraniano di valore come Babak Payami hanno unito le loro forze per portare sullo schermo la vicenda reale di Iqbal Masih, bambino pakistano che è divenuto il simbolo della lotta contro lo sfruttamento del lavoro minorile in ogni parte del mondo. Il film non ha la pretesa di essere un biopic perché qui lo sguardo si allarga a proporre la lettura di una condizione di sottosviluppo che non convinca i già convinti ma proponga ai bambini spettatori una riflessione senza traumi ma anche senza nascondere loro la realtà.
Il grande pregio di questo lungometraggio, che dovrebbe essere mostrato al numero più ampio possibile di coetanei del protagonista, è quello di affrontare temi importanti ad altezza di sguardo di bambino. Perché se il tema di fondo è quello dello sfruttamento del lavoro minorile in condizioni di schiavitù, entrano in gioco anche l'emigrazione, la corruzione di chi dovrebbe essere preposto a salvaguardare la legalità nonché le responsabilità degli occidentali che comprano prodotti senza minimamente preoccuparsi di sapere (oppure sapendolo ma voltando la testa dall'altra parte) da chi e come siano stati realizzati.
La scelta di un doppio stile di grafica (le vicende di Iqbal e dei suoi compagni di lavoro e i suoi sogni) potenzia poi la narrazione offrendo un caleidoscopio onirico ricco di fantasia. Viviamo in tempi in cui l'amministratore delegato di Air France-Klm Alexandre de Juniac dinanzi a una platea formata da manager, uomini d'affari e diplomatici nel dicembre 2014 afferma "Come si fa a dire chi è un bambino, visto che un tempo il divieto era ai minori di otto anni, poi è passato a dodici e poi a sedici?", arrivando a chiedersi se sia giusto o meno non farli lavorare (il video è sul web). Questo film non è solo utile ma qualcosa di più: è necessario.
(Giancarlo Zappoli, Mymovies.it)
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