Il 15 settembre ricorre l'anniversario dell'assassinio di padre Pino Puglisi, 3p come lo chiamavano i suoi parrocchiani. Lo ricordiamo con un intervento di Mila Spicola scritto lo scorso anno in occasione del ventesimo della morte. Oggi nel quartiere Brancaccio di Palermo un istituto comprensivo porta il suo nome. Il Presidente del Consiglio inaugurerà l'anno scolastico visitando proprio la scuola dedicata a Don Pino. Con l'arrivo del premier ecco realizzarsi un miracolo: l’istituto aveva lanciato l’allarme per la mancanza di 80 sedie ("speriamo che stavolta ci mandino le sedie", aveva detto il vice preside Domenico Bucchieri), segnalando che da anni la scuola ha cercato di sopperire alla scarsità
di questi arredi utilizzando quelle degli alunni assenti o quelle di
plastica da giardino per permettere agli alunni di seguire le lezioni. A quattro giorni dalla visita del premier, l'assessore alla Scuola del Comune di Palermo Barbara Evola annuncia: "Già dallo scorso 3 settembre quando sono
stata contattata per le vie informali ho attivato
immediatamente i miei collaboratori. Dopo l'esito negativo di una breve
ricognizione degli arredi a nostra disposizione, con procedura d'urgenza
abbiamo acquistato 80 sedie nuove dalla ditta palermitana Biga, che
domani provvederà alla consegna". Così finalmente tutti gli alunni
sapranno dove sedersi per ascoltare Matteo Renzi.
Oggi (15/9/2013) sono 20 anni che Padre Pino è morto. Non c’era una scuola a
Brancaccio. Padre Puglisi si battè come un forsennato per portare la
scuola dentro il quartiere. Una scuola che avesse un bel campetto però.
Basta una scuola a cambiar le cose? Quando incontro qualche mio ex
alunno mi autoconvinco di sì. Se ci fossero solo le scuole e non
l’intorno a remar contro. E tutto rema contro, a partire dalla
superficialità o dalla supponenza con cui si affrontano problemi per
lasciarli là intonzi.
Riprendo questo post e lo dedico ai miei colleghi e alle mie
colleghe della scuola media Padre Pino Puglisi di Brancaccio, dove ho
iniziato e di tutte le scuole a rischio, la falcone, la pertini, la
d’acquisto…perchè non si scoraggino mai e il loro sorriso nelle classi
sia il sorriso di don Pino.
Parliamo sottovoce nelle classi e alziamo la voce fuori dalle
classi, per difendere quei ragazzi e il loro diritto a un futuro
migliore in una scuola migliore. Più di quanto facciamo già. Sfidando
tutto e tutti. Non fidiamoci mai di chi definisce “eroi” i docenti delle
scuole a rischio credendo che basti quello e poi non fa nulla. Servono
azioni vere e competenti. Soldi e non propaganda. Per far cosa? Per
togliere i ragazzi dalla strada e farli stare a scuola. Chiediamo il
tempo pieno in tutte le scuole di periferia, scusaci don 3p se usiamo il
tuo nome. Lo chiediamo con un bel sorriso. E se ciascuno lo chiede con
un sorriso… forse… (Mila Spicola)
“C’è una prof di cui vorrei raccontarvi, ma lei mi ha fatto giurare
che non lo avrei fatto. C’è un nome che vorrei fare per il mio pantheon
del 2012 ma ogni promessa è un debito. Ho tentato di scrivere di qualcun
altro, mia cara prof, ti giuro, ma non ci riesco. Mi tocca raccontarla
lo stesso questa storia, senza fare nomi. La prof in questione mi
direbbe che metto troppi punti, è una prof d’italiano.
E’ la storia normale di una persona non normale. Non vi dico la
città, potrebbe essere Napoli, potrebbe essere Reggio Calabria, Catania,
o Palermo, di certo è una periferia. La prof senza nome insegna in una
normale scuola a rischio di periferia. Scuola periodicamente soggetta a
normali atti di vandalismo e a normali cortei di autorità e tv che
arrivano a solidarizzare, a impegnarsi, a promettere. Una periferia di
cui conosciamo croste e scritte sui muri macinati dall’incuria, in cui
la cura maggiore dell’uomo è posta nell’erosione voluta delle cose
tangibili per riempire di fatti il vuoto di bisogni immateriali che non
riescono a identificare.
Me li immagino di notte i ragazzi senza direzioni che grattano sui
muri, che picconano, che ammassano rifiuti e gli danno fuoco, che
saltano muri possibili perché quelli invisibili sono troppo alti per
loro. E poi mi arrivano le telefonate della prof nei normali lunedì in
cui si ritrovano per l’ennesima volta con la segreteria all’aria, i pc
rovesciati a terra e i vetri frantumati. La normalità non è retorica e
ci ritroviamo, dopo aver bestemmiato contro nessuno, io e la mia amica
prof, fuori dalla scuola, osservando come le “grattate” riguardino pure
quel catorcio di macchina che si ritrova. Averne una nuova o più
accettabile? Tempo una settimana finisce rigata, con gli specchietti
laterali distrutti e attaccati con lo scotch da imballaggio. “Cazzo, ma
unt’affrunti a caminari cu sta cosa?” “Cu parlò m’affumò, talìati u to
motirino”.
Prof che scherzano e intorno c’è lo scenario di CinicoTv. Chi ce lo
doveva dire di finirci dentro per intero? Ma no, nessun lamento. E’ la
normalità e questa prof ci sta benissimo. Così bene che quest’anno è
entrata di ruolo in un bel liceo del centro e ha rifiutato. Vuoi mettere
il divertimento di stare qua? Che non sai mai che accade? Pensa la noia
di stare in un liceo a vita. “Tu sei pazza”. E’ pazza, come tutte le
persone che si ostinano a fare il proprio dovere in modo regolare nel
paese dell’irregolare e delle deroghe.
No, non vi racconto di lei, ho promesso, ma di normali commozioni.
Grondanti di tenerezza da far schifo a me per prima. E invece non c’è
niente di retorico, è la normalità. Che una prof si commuova per i temi
che legge scritti dai suoi alunni, per i pensieri troppo grandi di
ragazzi così piccoli, per le piccole opere d’arte disegnate o gli
sgorbietti con dedica e te li scambi come le figurine, specialmente
quando arrivano dal figliol prodigo. Quello che era andato via e te lo
sei visto tornare una mattina.
“Guarda, guarda, leggi qua “io un giorno andrò via per ritornare””e non partono mai “Tu guarda questo quanto è bravo… Non imbrocca un verbo ma guarda che bella mano”.
Ce l’ho, ce l’ho, mi manca. Quello col padre in carcere? Ce l’ho.
Quello che viene a scuola in pigiama e si riaddormenta sul banco? Ce
l’ho. Quello che ti salta giù dalle finestre? Ce l’ho. Quella brava che
sembra che frequenti un college? Ce l’ho. La madre dell’alunno che si
presenta con la scopa in mano fuori dai cancelli perché te le vuol dare e
non potendo entrare si scatena col cofano? Ce l’ho. E il fidanzato di
quella della 3G che si pianta alla finestra e le manda baci da fuori e
le lancia baci perugina e tu stancamente al bidello “maniscalco senta me
lo allontana da fuori”? Ce l’ho. E l’alunno che ti ha aggredita? Ce
l’ho. E la varicella a 42 anni e il morbillo a 44? Se vabbè. Giuro. Ce
l’ho. Ce l’ho.
E quello che dice “basta con questa retorica delle scuole a rischio?”
Cavolo, ne ho tre, no..forse di più.. E quello che si sente uno
strafigo pazzesco nel dirti “sì, ma i prof di oggi, ai miei tempi…”? E
il ministro che viene a visitare la scuola dopo l’atto vandalico, regala
una targa al preside e una medaglietta al primo della scuola e però ti
taglia il fondo di funzionamento d’istituto e non ci son soldi per i
supplenti e dunque quel giorno la 3G entra a 2° ora e Mannino la prima
ora se la passa a tirar pietre da fuori a quelli della 2F che gli hanno
detto “troia tua madre”? E che fai? Lo sospendi così continua a tirar
pietre da fuori? Te lo tieni in classe. Ce l’ho. Ce l’ho. E il prof che
arriva e ti dice “ma siete pazzi?” rimane 15 giorni e se ne va? E quello
che fa più danni che altro? Ce l’ho. Dai, qualche testa di cazzo c’è,
normale statistica.
E ridiamo, eccome se ridiamo. E ci incazziamo. Eccome se ci incazziamo.
Mi manca. Andiamo alle figurine che mancano. Mi manca il fatto che
altri pensino sia anormale. Il fatto che tutti pensino che siano cose
eccezionali e dunque possono commuoversene per una frazione di secondo e
poi tornare a non far nulla. Mi manca, cioè constato che, se il valore
di un prof debba “essere misurato con le performance e i risultati degli
alunni” (virgoletto perché son contraria), questa prof di cui non
faccio il nome, sarebbe tra le peggiori, come i suoi ragazzi. E invece,
nel nostro capovolto mondo normale delle scuole di periferia, è la
migliore. Senza retorica, senza slogan, senza miserie e senza sorprese.
Con un po’ di buona normalità mettiamoci d’ impegno e capovolgiamo
l’Italia che sta sottosopra e rimettiamola in piedi, a partire
dall’onestà, di vita e di giudizio.
Mila Spicola
articolo pubblicato su L’Unità in edicola il 30 dicembre 2012
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