Rieccoli! Chi? I test Invalsi. Cosa sono? A cosa servono? Nella
scuola primaria si sono svolti il 6 e 7 maggio. Ma pochi sono
i genitori di studenti e alunni che li conoscono, che sanno di cosa
si tratta. Anche se abitano insieme ai loro figli, nella stessa scuola
dei propri figli, da più di dieci anni.
Chi invece li conosce bene sono le case editrici scolastiche che di
fronte a ogni novità o pseudo novità, anche se nociva per i ragazzi,
cercano soprattutto il business. I docenti della scuola Iqbal Masih
di Roma e il blog genitoreattivo.wordpress.com stanno provando
a far conoscere di più ai genitori dei loro studenti la natura e il
funzionamento di questi test. Con una convinzione: se li conosci,
li eviti. Di più: se li conosci, li combatti. Perché fanno male alla
scuola e ai ragazzi.
La cosa aberrante? La tipologia tutta a quiz delle prove. La loro
assurdità ed estraneità a qualsiasi percorso di conoscenza. E le
modalità della «somministrazione» ai ragazzi: può esistere,
all’interno dell’istituzione scolastica, parola peggiore di questa:
somministrazione? Si prenda per esempio un dato: il tempo concesso
agli studenti per lo svolgerimento, leggere i testi e mettere le
crocette, perché di poco di più si tratta.
Come sanno tutti i bambini che hanno svolto le prove, come sanno gli
insegnanti che le hanno «somministrate», il tempo per scrivere
tutte le risposte nelle prove di italiano è di 45 minuti. Un lavoro
decisamente al di sopra delle possibilità della media di un
bambino che sta finendo la seconda elementare. E’ evidente che le
prove nel loro insieme non sono solo l’esito di una pur colpevole
improvvisazione, o di sciatteria, ma una manifestazione di
scarsa conoscenza dei processi di apprendimento o di voluta
dimenticanza di ciò che ne costituisce l’aspetto complesso,
difficilmente valutabile.
Le competenze non sono una sequenza di fatti misurabili, ma
processi che, come dimostrano gli attuali ripensamenti degli esperti
di oltreoceano sul testing, abbisognano ancora di molta ricerca sul
campo per essere analizzati e valutati. Ricerca che dovrebbe tornare
nell’alveo del lavoro universitario e che, sicuramente, l’Invalsi
non sta svolgendo.
I genitori degli studenti difenderanno i loro figli da chi sta
facendo loro del male? La risposta è tristemente nota: no. Perché
sono impegnati e distratti in cose che sembrano oggi molto più
importanti dell’attenzione alla salute mentale dei propri figli e del
loro benessere scolastico. Perché dalla scuola-azienda sono stati
ridotti al ruolo di semplici clienti-consumatori. Perché quasi sempre
i genitori dei minori sono peggio dei loro genitori. Perché
i docenti e la scuola pubblica italiana, da tempo, si è persa
i genitori dei propri studenti. E senza il recupero di un patto
forte con loro i docenti italiani, spolpati in questi anni dei loro
diritti e delle loro libertà ed educati a una diffidenza
programmatica nei confronti della propria “utenza”, non hanno
alcuna speranza di migliorare la situazione.
(Giuseppe Caliceti, il manifesto, 12 maggio 2014)
Nessun commento:
Posta un commento