Amanda, 7 anni, mostra orgogliosa i disegni che ha fatto in un centro per bambini rifugiati a Tartus, in Siria. Lei vive qui insieme
ad altre 4 mila famiglie, da quando due anni fa è fuggita dalla città di Homs.
«Mi piace andare a scuola», spiega raccontando che i bambini del centro Aniss Saade, uno dei partner dell’Unicef,
frequentano corsi di ginnastica, arte, igiene, oltre che arabo, inglese e
matematica. «È bellissimo dipingere e colorare insieme agli altri bambini». Nel
disegno di Amanda c’è un cuore, dei fiori, un uccello e un sole nel cielo blu: un po’ il sogno di normalità di tanti giovani
siriani.
L’anno scolastico è iniziato il 15 settembre, ma proprio i dati scolastici mostrano come la guerra stia rubando il futuro alla Siria. Lo scorso anno, quasi due milioni di bambini tra i 6 e i 15 anni hanno abbandonato la scuola a causa degli spostamenti e delle violenze. Vuol dire che per il 40% degli alunni non è suonata la campanella e nelle zone più colpite, come Aleppo, la frequenza è scesa al 23%.
Quasi 4 mila scuole danneggiate o distrutte
Laddove le scuole sono ancora in funzione, l’afflusso di bambini sfollati implica che non ci sono abbastanza classi, arredi, materiali scolastici e per l’insegnamento. In particolare, tre anni di conflitto hanno lasciato quasi 4 mila scuole – circa una su cinque – danneggiate, distrutte o utilizzate come riparo per le famiglie sfollate.
L’Unicef ha lanciato un “allarme scuola” per un Paese che, prima che iniziasse il conflitto, era vicino a raggiungere l’istruzione primaria universale; spiega Maria Calivis, Direttore regionale dell’agenzia Onu per l’infanzia: «Lasciare la propria casa, la violenza, la paura e l’instabilità stanno derubando centinaia di migliaia di bambini della gioia di imparare».
La campagna "Back to learning"
Dei due milioni di bambini che hanno lasciato la scuola, metà sono rifugiati nei Paesi confinanti e metà sono sfollati all’interno della Siria. Per questi ultimi, in collaborazione con il Ministero della Pubblica Istruzione e altri partner, Unicef ha lanciato la campagna “Back to Learning”, con l’obiettivo di raggiungere un milione di bambini in età scolare, e distribuisce zaini, penne, astucci, kit per l’insegnamento, ricreativi e per la prima infanzia. Alcuni bambini delle elementari saranno sostenuti attraverso un programma di auto-apprendimento a domicilio, che coinvolge genitori e insegnanti.
Per i minori rifugiati all’estero, l’abbandono scolastico è ancora più forte. In Libano, il governo prevede che ci saranno 550.000 siriani in età scolare entro la fine di quest’anno, oltre ai 300.000 bambini libanesi nelle scuole pubbliche.
L’anno scolastico è iniziato il 15 settembre, ma proprio i dati scolastici mostrano come la guerra stia rubando il futuro alla Siria. Lo scorso anno, quasi due milioni di bambini tra i 6 e i 15 anni hanno abbandonato la scuola a causa degli spostamenti e delle violenze. Vuol dire che per il 40% degli alunni non è suonata la campanella e nelle zone più colpite, come Aleppo, la frequenza è scesa al 23%.
Quasi 4 mila scuole danneggiate o distrutte
Laddove le scuole sono ancora in funzione, l’afflusso di bambini sfollati implica che non ci sono abbastanza classi, arredi, materiali scolastici e per l’insegnamento. In particolare, tre anni di conflitto hanno lasciato quasi 4 mila scuole – circa una su cinque – danneggiate, distrutte o utilizzate come riparo per le famiglie sfollate.
L’Unicef ha lanciato un “allarme scuola” per un Paese che, prima che iniziasse il conflitto, era vicino a raggiungere l’istruzione primaria universale; spiega Maria Calivis, Direttore regionale dell’agenzia Onu per l’infanzia: «Lasciare la propria casa, la violenza, la paura e l’instabilità stanno derubando centinaia di migliaia di bambini della gioia di imparare».
La campagna "Back to learning"
Dei due milioni di bambini che hanno lasciato la scuola, metà sono rifugiati nei Paesi confinanti e metà sono sfollati all’interno della Siria. Per questi ultimi, in collaborazione con il Ministero della Pubblica Istruzione e altri partner, Unicef ha lanciato la campagna “Back to Learning”, con l’obiettivo di raggiungere un milione di bambini in età scolare, e distribuisce zaini, penne, astucci, kit per l’insegnamento, ricreativi e per la prima infanzia. Alcuni bambini delle elementari saranno sostenuti attraverso un programma di auto-apprendimento a domicilio, che coinvolge genitori e insegnanti.
Per i minori rifugiati all’estero, l’abbandono scolastico è ancora più forte. In Libano, il governo prevede che ci saranno 550.000 siriani in età scolare entro la fine di quest’anno, oltre ai 300.000 bambini libanesi nelle scuole pubbliche.
In Iraq, nove bambini siriani su 10 non vanno a scuola
Nel 2013, solo il 15% dei bambini rifugiati stava studiando in sistemi formali e non. In Iraq, 9 bambini rifugiati su 10 sono fuori dal sistema scolastico. Le ultime tre settimane hanno visto più di 50.000 nuovi rifugiati arrivare nella regione del Kurdistan, circa la metà dei quali sono bambini che avranno bisogno di sostegno per continuare a studiare. In Giordania, circa i due terzi dei siriani bambini in età scolare non vanno a scuola.
Qualcuno prova a resistere. Come Hanadi, una ragazza di 17 anni che vive nel campo profughi di Za’atari, insieme a 30.000 minori in età scolare. Originaria di Damasco, ha passato un anno girando per la Siria in fuga dalla violenza, prima di espatriare in Giordania. A Za’atari, è riuscita a ritornare a scuola ed è determinata a realizzare il suo sogno di diventare architetto. Nella drammaticità della situazione, il ritorno a scuola di questa ragazza è uno dei successi dell’Unicef che, nei vari Paesi, prova a far fronte all’emergenza.
Aule negli autobus e nelle tende
Se in Libano le scuole sono state organizzate su autobus che raggiungono i rifugiati, in Giordania imam e capi comunità stanno aiutando a promuovere un ritorno alla formazione, aule aggiuntive sono in fase di realizzazione e vengono reclutati nuovi insegnanti.
In Iraq, invece, per ospitare la più recente ondata di profughi, vengono costruite il più rapidamente possibile aule-tenda temporanee. Tutto ciò ha un costo economico elevato e, anche qui, per l’Unicef è allarme: «Rispetto al nostro appello generale per la crisi siriana di 470 milioni di dollari, quello dell’istruzione rimane il settore meno finanziato: appena 51 milioni i dollari ricevuti, sui 161 richiesti», conclude Maria Calivis.
Nel 2013, solo il 15% dei bambini rifugiati stava studiando in sistemi formali e non. In Iraq, 9 bambini rifugiati su 10 sono fuori dal sistema scolastico. Le ultime tre settimane hanno visto più di 50.000 nuovi rifugiati arrivare nella regione del Kurdistan, circa la metà dei quali sono bambini che avranno bisogno di sostegno per continuare a studiare. In Giordania, circa i due terzi dei siriani bambini in età scolare non vanno a scuola.
Qualcuno prova a resistere. Come Hanadi, una ragazza di 17 anni che vive nel campo profughi di Za’atari, insieme a 30.000 minori in età scolare. Originaria di Damasco, ha passato un anno girando per la Siria in fuga dalla violenza, prima di espatriare in Giordania. A Za’atari, è riuscita a ritornare a scuola ed è determinata a realizzare il suo sogno di diventare architetto. Nella drammaticità della situazione, il ritorno a scuola di questa ragazza è uno dei successi dell’Unicef che, nei vari Paesi, prova a far fronte all’emergenza.
Aule negli autobus e nelle tende
Se in Libano le scuole sono state organizzate su autobus che raggiungono i rifugiati, in Giordania imam e capi comunità stanno aiutando a promuovere un ritorno alla formazione, aule aggiuntive sono in fase di realizzazione e vengono reclutati nuovi insegnanti.
In Iraq, invece, per ospitare la più recente ondata di profughi, vengono costruite il più rapidamente possibile aule-tenda temporanee. Tutto ciò ha un costo economico elevato e, anche qui, per l’Unicef è allarme: «Rispetto al nostro appello generale per la crisi siriana di 470 milioni di dollari, quello dell’istruzione rimane il settore meno finanziato: appena 51 milioni i dollari ricevuti, sui 161 richiesti», conclude Maria Calivis.
(Stefano Pasta, Famiglia Cristiana, 19 settembre
2013)
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