Le scuole cattoliche non hanno mai pagato l’ICI da quando è stata istituita, cioè dal 1992.
Un privilegio che è costato all’Italia l’apertura di una procedura d’infrazione delle norme sulla libera concorrenza. Tutte le altre scuole private pagano le tasse sugli immobili di loro proprietà e non ricevono alcun finanziamento pubblico.
Le scuole cattoliche non solo non pagano le tasse, ma ricevono finanziamenti per oltre un miliardo di euro all’anno dallo Stato, dalle Regioni e dai Comuni (solo a Bologna 2 milioni e 500 mila).
Il governo Monti dichiara di aver risolto il contenzioso facendo pagare l’IMU solo alle scuole private che abbiano un bilancio fortemente in attivo.
Ma questo non risolve la questione dell’infrazione perché mantiene lo status quo: pagheranno come prima scuole come CEPU o altre di questo tipo, continueranno a non pagare scuole, che sono considerate cattoliche solo perché sono iscritte ad associazioni di orientamento religioso, come FISM o Agidae, ma che fanno pagare rette altissime: a Bologna Kinder Haus 9.900, San Luigi 6.000, Cerreta 4.000, ma presentano bilanci spesso in perdita (solo 4 scuole materne private su 27 hanno un bilancio in attivo, ma al massimo dichiarano 17.000 euro).
La nuova norma pertanto continuerà a mantenerci fuori dall’Europa.
E’ noto infatti che negli altri paesi europei le scuole religiose pagano tutte le tasse.
Il fatto poi di essere considerate paritarie significa solo che hanno la potestà di offrire un titolo di studio equipollente a quello statale, ma il gestore resta privato: la dizione della legge 62/2000 è “scuole paritarie private”.
E tutti i soggetti privati pagano una tassa sulle loro attività a pagamento, pure i tassisti che anch’essi svolgono un servizio pubblico.
Appare quindi assurdo far credere che il riconoscimento di paritarie le metta giuridicamente sullo stesso piano delle scuole statali, che la Repubblica deve istituire ai sensi dell’art. 33. C2 della Costituzione.
Il Comitato ritiene che per affrontare seriamente la questione occorra distinguere da scuola e scuola e rompere la posizione monopolista delle associazioni delle scuole cattoliche.
Se si vogliono dare agevolazioni alle scuole private che svolgano realmente una funzione sociale, allora le si riconosca solo a quelle che facciano pagare rette contenute e abbiano fra gli iscritti almeno un bambino diversamente abile e un caso sociale esonerato dal pagamento della retta.
I dati del 2008 (dopo non si sa più nulla) sulla presenza di handicap nelle scuole dell’infanzia dimostrano che a Bologna più della metà delle scuole paritarie private (16 su 27) non hanno fra gli iscritti bambini di nuclei famigliari in difficoltà, 10 non hanno neppure tariffe differenziate.
Le private denunciano la presenza di soli 14 alunni diversamente abili (lo 0,8 % su 1622 iscritti) mentre nelle scuole comunali sono presenti 149 unità (il 3% su 5019 iscritti).
Come si può sostenere che svolgano tutte una funzione sociale?
Bruno Moretto
Bologna, 28 febbraio 2012
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