Dopo il referendum di Bologna, con la vittoria dei cittadini che non vogliono che le scuole paritarie portino via risorse alla scuola pubblica, una riflessione di Ettore Macchieraldo dal blog dei SemidiSerra 
A Bologna si è svolto un referendum consultivo sul finanziamento alle scuole paritarie (privato sociale).
E’ stata un’iniziativa importante, spontaneamente lanciata da un comitato di cittadini, per garantire parità di servizi e costi alle famiglie, in linea con i principi costituzionali. Qui potete trovare il quesito referendario.
Ha portato il 28% dei bolognesi a esprimersi – per un referendum 
consultivo non è poco – e a dire che non vogliono che il finanziamento 
alle scuole paritarie private porti via risorse alla scuola pubblica e 
statale.
Specie per i nidi di infanzia questa è un’indicazione a livello 
nazionale piuttosto precisa. Sappiamo che il servizio pubblico è carente
 e che per questo è stato integrato. In ogni caso non sono stati risolti
 i problemi di un servizio che non copre le domande e, soprattutto, che 
ribalta i costi di nuovo e al solito sulle famiglie. Chi vuole 
promuovere il mercato nel welfare e nell’istruzione e sostiene che 
questo lo renderà più efficiente mente, sapendo di mentire.
La nostra esperienza però ci porta anche a riflettere sulla necessità
 di introdurre nella scuola pubblica e statale forme di autogestione, da
 non confondere con l’autonomia scolastica che
 in questi anni è stata il veicolo della privatizzazione di fatto della 
scuola. Ovviamente il primo tema su cui discutere sarebbero proprio le 
risorse da destinare alla scuola, all’eliminazione della precarietà, 
all’edilizia scolastica insomma all’uscita dall’attuale suo fallimento. 
Evidente nel fatto che se non ci fossero insegnati, studenti e genitori 
che restaurano aule, fanno ore di volontariato, comprano materiale 
questa sarebbe già implosa. Certo qui si apre il capitolo di come 
recupeare risorse all’interno della gabbia del contenimento del debito 
pubblico. Come ci dimostra il lavoro di Francuccio Gesualdi e del Centro
 Nuovo Modello di Sviluppo ‘se non capisco non pago‘, mica è detto che di debito noi e i nostri figli si debba per forza morire!
E se la soluzione fosse proprio questa: avviare sperimentazione verso
 l’autogestione, salvaguardando la scuola della Costituzione, la sua 
indipendenza economica e culturale, ma introducendo elementi di 
partecipazione, avviando una de – istituzionalizzazione che fu già colta
 negli anni ’70, è stata poi travolta dalla contro riforma dell’ultimo 
ventennio, ma ci pare ancora se non sempre più necessaria?
Sarà che il mio è un punto di vista di un ex studente insofferente 
all’autoritarismo e, ora, di un genitore preoccupato del futuro dei 
propri figli, ma discutiamone.
Ettore Macchieraldo - 1. giugno 2013 
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