Riprendiamo il post precedente sull’esperienza delle “Scuole
senza Zaino” per proporre lo stralcio di un intervento di Marco Orsi, responsabile
nazionale della rete delle Scuole Senza Zaino. Il brano è tratto dall’articolo
“La scuola senza zaino. L’opinione di Marco Orsi e Giuliana
Petrini su cambiamento organizzativo e innovazione pedagogica” pubblicato
il 9 aprile 2004.
Lo zaino è uno strumento inventato non per la scuola: il vocabolario Devoto-Oli ne dà questa definizione: “Sacco di tela robusta rinforzato e munito di cinghie per essere portato a spalla, sia da soldati che da alpinisti, escursionisti, gitanti, ecc.” [G. Devoto, G. C. Oli, Nuovo vocabolario illustrato della lingua italiana, Le Monnier, Firenze 1967 – 1987, p. 3490].
Lo zaino, dunque, rimanda all‟inospitalità del luogo, un luogo non umanizzato, impervio, ostile. Anche nel caso del soldato, la funzione dello zaino è legata al contesto della sopravvivenza e dell‟inospitalità del luogo, con l‟aggravante che a differenza dell'alpinista per lui non sussiste la ricompensa di poter contemplare l‟ambiente naturale. L‟inospitalità si fa perciò totale. Siamo di fronte a un completo non-luogo, uno spazio minaccioso che incute paura. E‟ così che lo zaino assume ancor di più una connotazione di “sacco di tela” ove è riposto quel minimo indispensabile che consente la sopravvivenza. Tuttavia lo zaino non è solo un mero valore d‟uso, uno strumento neutro: esso fa riferimento ad un significato umanizzate, permette alla persona – soldato - di continuare, pur in condizione di emergenza, la sua vita fatta di bisogni materiali, ma anche spirituali, identitari diremmo. Così nello zaino trova posto, oltre al cibo, la coperta per la notte, quanto occorre per spedire una lettera, il libro a cui si tiene di più.
Non è allora che un‟organizzazione come la scuola che si avvale di uno strumento come lo zaino, dica di un ambiente fondamentalmente inospitale, inabitabile, non umanizzato? Si pensi al tipo di architettura che generalmente definisce le scuole: spesso è anonima, asettica, priva di elementi di accoglienza e cura. Le aule sono spazi standardizzati che ospitano mobilio costituito in prevalenza da cattedra, banchi, armadi, un mobilio uniforme, privo di colore e di calore, non personalizzato, intercambiabile. Un‟aula vale l‟altra. Durante il corso dell‟anno è indifferente stare in quella o in quell‟altra aula, cosicché non di rado avvengono cambiamenti senza che se ne percepisca la rilevanza. L‟aula non suscita il senso dell‟appartenenza né negli studenti, né nei docenti. Non è uno spazio identitario.
“Se un luogo può definirsi come identitario, relazionale, storico, uno spazio che non può definirsi né identitario, né relazionale né storico definirà un non luogo” [M. Augè, Nonluoghi. Introduzione ad un’antropologia della surmodernità, Elèuthera, Milano 1993, p. 73. Si veda anche J. Tomlinson, Sentirsi a casa nel mondo, Feltrinelli, Milano, 1999].
Non–luogo è una stazione di servizio, un'autostrada, un aeroporto. Non-luogo può essere anche una scuola. Il non-luogo scolastico è caratterizzato dal transito. L‟aspetto di dimora, il senso del sentirsi a casa è espunto: nell‟aula scolastica tutti cercano di stare il meno possibile, tutti si sentono in transito. Gli insegnanti transitano da una classe all‟altra durante i cambi di orari, per poi uscire e dedicarsi ad altre attività (per alcuni con sollievo), gli alunni - a loro volta - non vedono l‟ora che “suoni” la campanella. Lo zaino, allora, diventa uno strumento necessario, è il mezzo che consente di contenere gli oggetti del lavoro scolastico che altrimenti non troverebbero negli spazi degli ambienti una loro collocazione. Allo stesso tempo lo zaino è anche il mezzo che aiuta lo studente a tutelare la propria identità in uno spazio anonimo, in quanto oggetto personale frutto di una scelta, di un‟individualità e di una originalità. E' portatore di un significato che si fa tentativo di riequilibrio rispetto ad un contesto asettico, standardizzato, non significante. Lo zaino come àncora di salvezza, come modo per percepirsi a casa nonostante l‟inospitalità del luogo. [Sul tema dell‟ospitalità è particolarmente suggestivo, anche in dimensione educativa, il testo di M. Brunini, Ospitare la vita, EDB, Bologna, 2004].
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