Ne
 chiedevamo uno, grande. Uno sciopero finalmente unitario che 
rappresentasse plasticamente il rifiuto radicale della società italiana 
di un progetto di riforma che mira a distruggere la scuola della 
Costituzione. Un progetto di riforma strutturale, organico al più ampio 
disegno regressivo con cui questo Governo sta riportando indietro le 
lancette della storia, calpestando diritti e conquiste democratiche.
Libertà di insegnamento, collegialità delle decisioni, gratuità dell’accesso all’istruzione, unitarietà del sistema scolastico: la
 scuola disegnata da Renzi cancella i principi fondativi della scuola 
della Repubblica italiana, sostituendoli con gli sponsor, i bonus, gli 
statuti, le squadre (sic). Trasformando le scuole in un unico, 
aberrante agone competitivo, in cui vincerà il dirigente-padrone che 
avrà attirato con ogni mezzo maggiori investimenti privati e che avrà 
strappato ai suoi colleghi i migliori mandingo da esibire a inizio 
d’anno, sostituibili dopo un triennio con esemplari più organici, 
acritici e ‘adatti’.
La discussione del disegno di legge inizierà il 23 aprile,
 giorno di approvazione del DEF. Che il Governo abbia intenzione di 
blindare il testo è evidente, con l'abbinamento della riforma al 
documento di economia e finanza, e che lo voglia approvare in tutta 
fretta e senza contraddittorio lo si era già capito con le audizioni 
congiunte, audizioni-pollaio frettolose e distratte ben oltre i limiti 
della decenza, fino a quando tuttavia non si è trattato di ascoltare TreeLLLe e Fondazione Agnelli, ça va sans dire.
La mobilitazione contro un disegno di legge inemendabile parte dunque immediatamente, con lo sciopero del 24 aprile proclamato
 da Anief, Autoconvocati Scuole Roma, Cub Scuola, Orsa, Slai Cobas, 
Unicobas, Usb, Usi, e continuerà a staffetta con lo sciopero del 5 maggio,
 proclamato dai Cobas e da Flc-Cgil, Cisl scuola e Uil scuola, 
Gilda-Unams, Snals-Confsal, insieme all’Unione degli Studenti, Link 
Coordinamento Universitario e Rete della Conoscenza, e ancora con la 
data del 6 maggio individuata dai Cobas, per concludersi il 12 maggio con l’ultimo, grande sciopero anti-Invalsi proclamato dai Comitati di Base.
Una
 grande maratona che porterà in piazza, a più riprese, migliaia di 
lavoratori e di studenti, uniti nel rifiuto incondizionato di un 
progetto di riforma che, agli albori del terzo millennio, disegna una scuola feudale,
 vocata a preparare gli abitanti afasici di cui la società del 
neocapitalismo globale ha bisogno. Non più luogo di formazione di 
cittadini istruiti, consapevoli e capaci di pensiero critico ma brodo di
 coltura di individui spenti, antropologicamente mutati, addestrati alla
 competizione e all’alienazione dall’uso pervasivo delle nuove 
tecnologie e dei test, dei registri informatizzati e degli open data, 
precoci vittime sacrificali di un mercato del lavoro e del consumo che 
vuole i giovani stritolati fin dai banchi di scuola.
Il
 progetto di riforma della scuola del Governo non può essere oggetto di 
patteggiamenti. Che sia ben chiaro a Cgil, Cisl, Uil, Snals e Gilda, 
fino a ieri fermi alla sola astensione per dieci giorni dalle attività 
aggiuntive: una protesta risibile, che ha offeso la nostra intelligenza 
di lavoratori. Come recita il comunicato dei sindacati confederali, lo 
sciopero del 5 maggio costituisce “una decisione presa a sostegno delle 
richieste di modifica al ddl di riforma della scuola all'esame delle 
Camere”.
Cosa
 chiedono allora i sindacati tradizionali? Solo la cancellazione 
dell’art. 12 del ddl, che impedisce la nomina dei precari che hanno già 
effettuato 36 mesi di supplenza; la ricontrattualizzazione degli 
istituti da trasformare in riserva di legge - per esempio, trasferimenti
 e titolarità – e la riapertura delle trattative contrattuali, lasciando
 invariate le 13 deleghe che il Governo impone al Parlamento per 
riservarsi lo stravolgimento futuro dello stato giuridico dei docenti e 
la funzione che la Costituzione assegna alla scuola. Non ci siamo.
L’iter
 del ddl prevede la presentazione degli ultimi emendamenti entro 
mezzogiorno di lunedì 20 aprile, dunque Renzi avrebbe la possibilità di 
impedire lo sciopero del 5 maggio rispondendo positivamente con 
emendamenti governativi ad hoc alle parziali richieste del blocco 
sindacale confederale.
Questa
 soluzione sarebbe inaccettabile, perché lascerebbe inalterato 
l’impianto liberticida della riforma. Diciamo ai sindacati, a tutti i 
sindacati, che questa volta occorre una risposta radicale, senza 
compromessi, senza cedimenti. Questa sì, davvero unitaria, contro un 
progetto di riforma della scuola che esaspera in chiave patologica 
l’autonomia scolastica. Che non è bene privato di un singolo dominus, o 
pietanza à la carte di malsani appetiti, ma la più nobile istituzione 
dello Stato, perché è la scuola che ci rende cittadini liberi, nella 
totale autonomia da qualunque ingerenza politica o interesse economico.
Tutti
 i sindacati ci hanno chiamato in piazza per un grande 
sciopero-staffetta e noi – lavoratori, studenti, esponenti della società
 civile – ci saremo. Ma la nostra grande mobilitazione non finirà con 
qualche emendamento che restituisca una parvenza di senso e di 
legittimità a chi firma i contratti. L’obiettivo da raggiungere, per 
tutti, è l’impegno del Governo ad un investimento costante 
nell’istruzione pari alla media europea, l’assunzione immediata di tutti
 i precari sui posti disponibili, il ritiro del disegno di legge del 
Governo, che calpesta la Costituzione e incastella la buona scuola della
 Repubblica italiana in un coacervo di feudi e potentati locali.
Hic labor, hoc opus est. 
Anna Angelucci
Docente
 di italiano e latino al liceo "L. Pasteur" di Roma. Esponente 
dell'Associazione Nazionale "Per la scuola della Repubblica".
(da Micromega, 19 aprile 2015)

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