Le manovre economiche di luglio e agosto colpiscono pesantemente la  scuola. Non si tratta solo dei drastici interventi su stipendi, pensioni  e tfr: come genitori, studenti e docenti siamo preoccupati anche per  l'ulteriore colpo alla qualità e la "quantità" della scuola pubblica:
1. gli organici vengono bloccati nonostante l'aumento degli alunni;
2. si riducono drasticamente le ore di sostegno agli alunni con disabilità;
3.  tutte le primarie e le secondarie di primo grado vengono accorpate in  istituti comprensivi e mantengono l’autonomia solo se hanno almeno 1.000  alunni, 500 nelle zone più disagiate;
4. i tagli agli Enti  locali e alle Regioni imporranno la chiusura di molte scuole d'infanzia e  azzereranno l'edilizia scolastica;
5. si eliminano le ricorrenze  del 25 aprile, del 1° maggio e del 2 giugno, che nel mondo della scuola  non sono solo "feste", ma occasioni di crescita culturale. Eliminare le  ricorrenze civili vuol dire negare una identità di popolo costruita nei  decenni, anche grazie alla scuola pubblica.
Ci ribelliamo al  tentativo di dipingere la crisi economica come una fatalità e le  soluzioni che si vogliono imporre come inevitabili. Questa crisi ha dei  responsabili: che quei responsabili la paghino. I genitori sono sempre  più in difficoltà a mantenere i propri figli a scuola e all'università: è  ora di riaffermare il diritto all'istruzione. E' meglio tagliare le  spese militari che quelle dell'educazione, è meglio tassare i ricchi e  gli evasori fiscali, che gli studenti e i loro genitori.
Retescuole il 6 settembre sarà in piazza con le lavoratrici e i lavoratori, la parte sana e nobile di questo martoriato Paese.
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